Non sempre essere troppo furbi garantisce i risultati auspicati. Però la rottura tra il bugiardissimo Renzi e il viziato Calenda suscita qualche perplessità sulle effettive ragioni dello scontro. Soprattutto per la coincidenza tra l’addio all’idea del partito unico ed il ricovero in ospedale di Silvio Berlusconi. Il Sultano di Arcore magari riuscirà a superare anche questo grave inconveniente fisico ma, checché lui ne pensi, non è immortale.
Renzi lo sa benissimo. E sa benissimo di essere sempre stato definito come il vero delfino di Berlusconi. Certo non Tajani. E neppure Fascina. Però non poteva ambire a fagocitare Forza Italia rimanendo insieme a Calenda. Troppo lontano, il vip romano, non solo dalla classe dirigente forzista ma, soprattutto, da una base che ha davvero poco in comune con gli atteggiamenti spocchiosi del leader di Azione.
Renzi, invece, con un percorso di basso profilo (basso, ma non troppo), ha le opportunità di avvicinarsi a Forza Italia con un programma effettivamente centrista, moderato, riformista. Dipenderà da come intenderà utilizzerà il quotidiano che va a dirigere. Un giornale senza lettori e, dunque, perfetto per testare nuove posizioni, per arruffianarsi gli eventuali alleati futuri, per lanciare segnali sperando che qualcuno risponda.
Certo, Italia Viva non è un contenitore particolarmente interessante a livello numerico. In pratica non conta nulla. Però Forza Italia ha più numeri ma meno teste pensanti. E un partito cresciuto, e poi ridimensionato, sempre all’ombra di un leader ingombrante ha bisogno di individuare un nuovo personaggio trainante per il dopo Berlusconi.
Il bugiardissimo, inoltre, ha un grande vantaggio rispetto a Calenda: non si è accollato il peso dei transfughi di Forza Italia. Ed una sua eventuale convergenza futura con gli orfani del Sultano non sarebbe frenata dalle imbarazzanti presenze di Gelmini e Carfagna e dei loro dimenticabili compagni di viaggio.