Da grande artista apprezzato in tutta Europa e nelle Americhe a pittore dimenticato e morto in miseria.
Nell’arco di una cinquantina d’anni la parabola di Enrico Reycend si era conclusa.
Uno dei maggiori paesaggisti dell’Ottocento veniva considerato superato ed improponibile in un inizio Novecento che correva incontro al disastro e non aveva tempo per vedute intimiste di una natura serena, tranquilla.
Reycend, torinese ma di origine di Briançon, solo a metà del Novecento verrà riscoperto e rivalutato, inserito da Roberto Longhi tra i grandi paesisti piemontesi insieme a Fontanesi, Avondo e Delleani.
In realtà un rilancio di breve durata perché Reycend non ha più avuto grandi mostre a lui dedicate, al di là di una rassegna meritoria ad Acqui Terme nel 1989.
Dunque è particolarmente apprezzabile l’iniziativa del museo Accorsi Ometto che sino al 20 gennaio ospita a Torino una settantina di opere dello sfortunato pittore.
La pianura e le montagne del Canavese sono le principali protagoniste dei quadri che trasportano sulle tele le luci dei vari periodi dell’anno e delle diverse ore della giornata. Vacche al pascolo, interni di cascine, famiglie serene, contadini al lavoro. La pace che fu negata alla sua famiglia, con una serie impressionante di malattie e morti dei figli (solo una ragazza gli sopravvisse), è invece una costante dei quadri.
Anche quando Reycend passa dalla campagna al mare della Liguria, con splendide rappresentazioni notturne o di pescatori, di barche abbandonate sulle rive o in attività nel porto e ancora di persone tranquille che si godono un pomeriggio sulla spiaggia.
La stessa serenità che traspare nelle vedute di una Torino per nulla frenetica, dove è bello passeggiare. Con la costante di una luce che è poi la vera protagonista dell’intera opera del pittore. Una grande capacità di trasmettere sensazioni attraverso i riflessi della luna sul mare, del sole sui prati e tra le fronde dei rami. La luce diversa, negli stessi luoghi, nei paesaggi di marzo e di aprile.
Ma il mondo correva e la tenerezza di Reycend non interessava più. Dalle stelle alla rovina economica, dai quadri che conquistavano Parigi alle opere ripetitive vendute a poco prezzo per pagare le cure mediche per la figlia. Una fine triste e per nulla luminosa e serena.