Finalmente. Lontano. In Trentino. Qui, l’aria è più fresca. Anzi già quasi fredda, ché qui l’estate è ormai finita. Ultimi scampoli di sole nel meriggio. Ma è già autunno.
E l’aria è fredda. Ma pura. Sa di pulito. Sa di bosco e di lago. Forse già un sentore di neve, dalle cime del Brenta.
Nuovi panorami. Nuovi odori. Nuova vita. E, inevitabilmente, nuove abitudini cui doversi adattare. E spesso molto, ma molto diverse da quelle di Roma. Sulle quali, dopo tanti anni, mi ero, di riffa o di raffa, un po’ adagiato. Perché la Capitale è città particolare. Frenetica, per certi aspetti. Per altri, all’opposto, pigra e indolente. Ti ci adagi. E finisci per sprofondare. Come nelle sabbie mobili…
Prendiamo una cosa, apparentemente, secondaria. Solo apparentemente. Perché, a Roma più che altrove, le immondizie e la loro raccolta sono un problema non da poco. Tanto che, per incuria delle diverse amministrazioni, la città vi sta letteralmente soffocando… Incuria delle amministrazioni…ma i cittadini ci mettono del loro. Gettando bidet, materassi, cassoni di bottiglie, biciclette rugginose e altre carabattole a lato dei cassonetti. Dove restano…in eterno. A meno che non intervengano i, provvidenziali, Rom. Che fanno il lavoro che spetterebbe ad altri…
Ora, qui, fra i monti del Trentino, tutto è diverso. Pulito. Lindo. Una pulizia…asburgica. E, ovviamente, pignola. In poche settimane mi sono reso conto che, qui, la raccolta differenziata è un impegno. Estremamente serio. Bidoni di ogni tipo. Orari teutonici di raccolta. Non si sgarra.
Abituato al lassismo romano…beh, inizialmente è stato quasi un trauma.
Ora però va bene. Sto diventando anch’io preciso come un tedesco. E la cosa, devo dire, mi dà una certa soddisfazione. Mi sento un cittadino responsabile. Emozione che mi era ignota da tempo.
E poi, questa nuova esperienza mi sta facendo…pensare. La nostra società produce un oceano di scarti. Come mai è avvenuto nel passato. Perché, un tempo, gli uomini avevano poco. E ancor meno avevano da gettare via. Tutto veniva sfruttato sino alla quasi totale consunzione. Vestiti, pentole, recipienti…non c’era il problema della raccolta differenziata. Perché tutto aveva vita lunga. Lunghissima. E veniva gettato, o, in genere, sepolto, quando totalmente inutilizzabile. Morto. Per questo gli scarti si seppellivano. Erano morti. Oggetti morti. E veniva data loro sepoltura come per rispetto. Avevano esaurito la loro funzione. Avevano dato tutto ciò che potevano.
Oggi si gettano nelle immondizie oggetti ancora nuovi. Che potrebbero ancora tornare utili. Pensiamo alle, tonnellate, di contenitori di plastica. L’usa e getta per antonomasia.
E non parliamo del cibo. Nessuna epoca, nessuna cultura del passato gettava via il cibo avanzato. Sarebbe sembrata una…profanazione…e non dimentichiamo che la, grande e gustosa, cucina popolare, nasce proprio per sfruttare gli scarti. Gli avanzi. Mentre noi oggi… In una grande città si butta, in un anno, cibo sufficiente a sfamare tutta l’Africa. Dove il problema degli scarti, naturalmente, non esiste…
Le immondizie sono un segno dei tempi. E, in fondo, un simbolo. Simbolo significativo del nostro, attuale, modo di concepire la vita. Una concezione dell’effimero. Dove tutto, sentimenti, ideali, affetti, amori, dura poco. Lo spazio di un mattino, come dicono i francesi. Che di effimero se ne intendono.
Si consuma tutto velocemente. Spesso in modo distratto e svogliato. Poi…lo si getta via. Incuranti del suo destino.
Solo in un ambito gli scarti vengono davvero sempre riutilizzati. E riciclati. Basta gettare, in queste ore, uno sguardo alle liste elettorali… E ci si accorge che lì, per davvero, non si getta via niente. Ogni immondizia, che si credeva spazzata via, ricciccia fuori. Nuove sigle. Nuovi simboli. Nuovi… ideali.
Altro che l’asburgica raccolta differenziata dei trentini…