Rifare Italia per rifare, almeno, la destra italiana. Un gruppo di intellettuali ed ex politici, prevalentemente provenienti dalla non brillante esperienza di Alleanza Nazionale, ha dato vita a questa nuova aggregazione che ha l’ambizione di andare ad incidere sull’indispensabile cambiamento radicale dell’Italia. E Gennaro Malgieri, su Formiche.net, prova ad individuare i punti dolenti delle attuali destre italiane che vorrebbero governare senza avere una sola idea del futuro.
Lega e Fdi mancano di prospettiva, di strategia. Ma soprattutto mancano di una visione del mondo. La retorica e la demagogia non rappresentano una visione. Quanto ai residui di Forza Italia, non sono certo classificabili a destra.

Da dove ripartire? Malgieri insiste sulla cultura, terreno facile per criticare i due partiti dell’oppofinzione che, quando sentono parlare di cultura, non mettono mano alla pistola ma solo a nomine di personaggi vicini al Pd. Quale cultura? Ed anche qui la risposta è scontata poiché, mancando una precisa idea di cosa sia la destra, si è obbligati a puntare sul confronto continuo e sulla massima inclusione. Il che, quando si è degli sfigati miracolati, rappresenta un problema ma se si hanno le qualità sufficienti diventa un vantaggio considerevole.
Al di là delle solite, inutili, diatribe tra evoliani e gentiliani, dannunziani e futuristi, romantici e classicisti, cattolici e pagani, Malgieri insiste sul rafforzamento della cultura umanista, ma senza trascurare quella scientifica poiché entrambe sono fondamentali per la crescita del Paese.

Un punto, però, rischia di ricollocare la destra che piace a Rifare Italia al di sotto della linea Gotica: il recupero del ruolo dello Stato a danno delle prerogative regionali. È vero che le Regioni si sono trasformate in pozzi senza fondo di denaro pubblico; è vero che gli sprechi sono stati spesso intollerabili; è vero che non sono mancate inefficienze. Ma lo Stato centrale non si è rivelato migliore.
La scuola affidata ad Azzolina ha dimostrato che a Roma si ignorano le realtà territoriali; la buffonata sulle chiusure attuali ha evidenziato che al governo non c’è un solo ministro o sottosegretario che abbia idea di cosa sia una montagna; la regia sui trasporti nazionali ha portato prima ancora del Covid a penalizzare la tratta Torino-Venezia-Trieste.
Non si può affidare la promozione turistica ad un governo centrale che destinerebbe le risorse solo agli amici degli amici, anche perché i funzionari non conoscono minimamente le eccellenze locali. E lo stesso vale per la valorizzazione dell’agricoltura che non è solo quella intensiva e non più sostenibile.

Se la “nuova destra” pensa di governare con i prefetti, come se nulla fosse cambiato da Napoleone ad ora, si ritroverà contro la gran parte delle popolazioni che non intendono rinunciare alla propria identità. Proprio perché Malgieri insiste, giustamente, sulla cultura, le piccole patrie possono avere un ruolo fondamentale per il rilancio dell’Italia. Perché la cultura è vita vera, è popolo. Se ci si illude che possa funzionare la cultura politicamente corretta calata dall’alto da un Franceschini qualunque, con il sostegno di Beria Boccia, si può essere sicuri che non ci sarà nessun Rinascimento.