Con un Nulla Osta pubblicato il 5 gennaio, il Ministero dello Sviluppo economico e il Ministero dell’Ambiente hanno dato il via libera alle procedure per l’individuazione del sito idoneo allo stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività derivanti dallo smantellamento degli impianti nucleari italiani. Una montagna di rifiuti pericolosissimi che si stima superino i 73.000 metri cubi.
Si tratta di aree comprese nei territori di 67 comuni di sette regioni (Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna) tra le quali, nei prossimi mesi, sarà individuato quello definitivo.
La Carta Nazionale (Cnapi) è stata definita dalla Sogin (Società Gestioni Impianti Nucleari) in base a un mandato del Governo che risale allo scorso gennaio, in ottemperanza alla direttiva europea che impone all’Italia di stoccare definitivamente i rifiuti radioattivi che oggi giacciono in una ventina di depositi provvisori e inadeguati.
Tra i comuni piemontesi individuati spiccano Caluso (To), Mazzè (To), Rondissone (To), Carmagnola (To), Alessandria, Bosco Marengo (Al) e Novi Ligure (Al).
Naturalmente la notizia ha suscitato le proteste di gran parte degli amministratori locali e di numerosi parlamentari.
Uno dei primi è stata la parlamentare torinese di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli che ha dichiarato all’ANSA: “E’ una follia la pubblicazione della mappa Sogin nel bel mezzo di una crisi Covid non solo sanitaria ma anche economica, e senza neanche un preavviso ai comuni interessati. Generare così il panico e lo sconcerto tra la popolazione poteva essere un’idea solo di un governo che tenta di distrarre e che evidentemente non ha a cuore soluzioni e ripresa. Le modalità di pubblicazione e comunicazione – ha aggiunto il deputato – su un tema così delicato, che non a caso ha già richiesto molto tempo, sono un terremoto sociale e economico grave. I ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente vengano immediatamente a riferire su un nulla osta approvato il 30 dicembre e pubblicato il giorno prima dell’Epifania, tempistica che non crediamo possa essere casuale”.
Il tema è molto delicato ed è ovvio che nessuno, almeno in prima istanza, voglia in casa propria una pattumiera di scorie radioattive. Ma visto che per la costruzione del deposito nucleare nazionale si stima un investimento complessivo di circa 900 milioni di euro, che genererà oltre 4mila posti di lavoro all’anno per 4 anni di cantiere, non è detto che qualche comune non ci faccia un pensierino. Considerato che, durante la fase di esercizio, l’occupazione diretta è stimata mediamente in circa 700 addetti, fra interni ed esterni, con un indotto che può incrementare l’occupazione fino a circa mille unità.
