Non siamo ancora al “Deus vult” o al “Dio è con noi”, ma poco ci manca. Sul Corriere di “braccino” Cairo questa volta è Paolo Lepri a spiegare che il Dio degli atlantisti (rappresentabile con il biglietto del dollaro Usa) prevarrà contro l’oscurità incarnata da Putin. Ma anche contro i vili interessi degli attuali “non allineati” che, non avendo un’idea (a differenza dei maggiordomi atlantisti), non potranno confrontarsi con la superiorità morale ed ideologica di un Occidente a guida americana.
Lepri è una persona di buoni studi. Dunque non può essere in buonafede quando si lancia in analisi di questo tipo che paiono scritte dall’ufficio stampa dei burattinai di Biden. Certo, è interessante che persino il Corriere sia arrivato a rendersi conto che il rifiuto di applicare le sanzioni contro la Russia rappresenta un indizio preoccupante per gli atlantisti. Ma Lepri preferisce autoconvincersi che si tratti solo di una reazione momentanea, legata solo al desiderio di approfittare della situazione per fare accordi più vantaggiosi con Mosca. Non è una riedizione dell’antico gruppo dei “Non Allineati” poiché manca una ideologia comune che cementi questo schieramento, a differenza di ciò che era avvenuto in passato.
E qui Lepri non può credere a ciò che scrive. Non tanto perché, in teoria, il Movimento dei Non Allineati esiste ancora benché non conti praticamente più nulla, bensì perché al Movimento originario aderirono Paesi guidati da leader con ideologie molto ma molto diverse. La Jugoslavia del marxista Tito e l’Egitto del socialista nazionale Nasser, l’India e successivamente l’Argentina non appena tornato al potere Peron, Cuba e l’Indonesia. I Paesi arabi e quelli africani, insieme a quelli dell’Asia sudorientale. Non era l’ideologia ad unirli, ma il rifiuto del colonialismo. Un colonialismo allora soprattutto europeo (ma statunitense in America Latina) che si è trasformato ora in un colonialismo economico atlantista.
È vero che l’espansione cinese fa paura. Ma, come hanno rivelato i dati Eurispes, nonostante le continue campagne di stampa a senso unico in Italia, il timore nei confronti dei cinesi è piuttosto ridotto nel nostro Paese. È vero che la credibilità dei media italiani è ai minimi storici, però non è detto che l’ordine di Washington di odiare i cinesi venga maggiormente seguito in altri Paesi. A partire da quelli in cui Pechino sta investendo.
Il rischio, dunque, è che l’arroganza atlantista porti ad una saldatura di tutti coloro che si sentono minacciati dalla prepotenza degli Usa e dei maggiordomi europei. Le sanzioni applicate contro chiunque metta in dubbio l’american way of life, contro chi osi essere più competitivo, creano irritazione che magari non porta ad alleanze strutturali ma a saldature di interessi. Senza arrivare a scontri armati, ma con guerre commerciali che danneggerebbero soprattutto alcuni Paesi: quelli europei. Schiacciati tra gli interessi americani da difendere, per colpa di una classe politica asservita, è la concorrenza di Paesi sempre meno emergenti e sempre più emersi.
L’ideologia del retro del dollaro contro un fronte di chi non vuol più farsi guidare dagli speculatori americani spacciati per filantropi.