Ci vorrebbe Robin Hood. Mi dice un vecchio amico al telefono. E mica ha tutti i torti…. Qui vengono aumentate, giorno per giorno, tasse e gabelle, le più bieche e assurde. Di fatto dalla legge Monti in poi, ci è stata tolta la proprietà delle nostre case. Le compriamo e siamo costretti a pagare, di fatto, un affitto oneroso al Governo. Ci è stato tolto il risparmio. Siamo costretti a lavorare fino a tarda età, con redditi che vanno sempre più riducendosi…
Per qualsiasi cosa vogliono una miriade di carte. Oneri su oneri.
Ci segregano, ci vietano ogni svago. Ci rovinano. Ci impediscono di vivere. Sperperano il denaro che ci sottraggono per mantenere una massa di servi nullafacenti. Per elargire prebende ai loro scherani.
Ci obbligano, o tentano di obbligare, a subire e a far subire ai nostri figli esperimenti senza ragione. Cercano in tutti i modi di incuterci paura. Di farci vivere nel terrore della morte. E quindi non vivere, ma solo sopravvivere.
Uno Sceriffo di Nottingham con la penna sul cappello, vuole perseguitarci sino nelle nostre case.
Apprendisti stregoni giocano sulla nostra pelle le loro fortune economiche e mediatiche….non abbiamo più nemmeno il diritto di respirare… Altro che re Giovanni…
Si, ha ragione il mio amico. Ci vorrebbe un Robin Hood, che guidasse la rivolta. Che suonasse la sveglia. Che scagliasse le sue frecce.
Solo che Robin – chiunque fosse, perché le identificazioni, storiche e non, sono innumerevoli – era, indiscutibilmente, inglese. E anche se i sudditi di Albione non sono in cima alle mie simpatie, una cosa la devo ammettere. Hanno il senso dei propri diritti. E li sanno difendere. Come si è visto e si continua a vedere in questi giorni. Tant’è che nessun governante potrebbe sognarsi di imporre lì quello che noi stiamo subendo da ben oltre un anno e mezzo.
Perché noi siamo italiani. E non solo non abbiamo un Robin Hood come gli inglesi, ma neppure l’uso francese di una bella Rivoluzione. Per tagliare la testa a qualche reuccio che se l’è montata troppo…
Siamo italiani. Mugugnamo, brontoliamo. Scriviamo cose feroci sui Social… Ma poi ce ne restiamo sul divano. E subiamo tutto. L’importante è che ci concedano di fare un po’ di baldoria per la Nazionale di calcio. Panem et circenses. Anche se, andando avanti così, il pane comincerà a scarseggiare. E allora…
E allora, forse, verrà fuori un altro aspetto dell’anima italiana. Verrà fuori… Ghino di Tacco. Che è personaggio storico certo, molto più del Robin inglese, che sfuma tra miti e leggende.
Ghino era un nobile ghibellino. E già questo me lo rende simpatico. E veniva dal Senese. E i senesi sono piccoli, neri e tignosi. Come scrive Mario Bussagli che era uno dei nostri massimi orientalisti. E senese puro sangue.
Ghino era ribelle. Contro le tasse di Siena e contro il Papa. Dalla sua rocca di Radicofani dominava la Val d’Orcia. E la via Francigena. Depredava. Ma era un gentiluomo. Mai i poveri pellegrini o gli studenti. I ricchi e i prelati. E comunque era uso offrire alle sue prede un banchetto. Prima di lasciarle andare in salvo. Ce lo dicono molte fonti autorevolei. Boccaccio e Dante su tutti.
Un bandito gentile. Ma capace di ferocia. Come quando alla testa di 400 uomini fece irruzione a Roma. Al tribunale ecclesiastico. Prese il giudice Benincasa da Laterina che sedeva in giudizio. Gli mozzò la testa e la portò a Radicofani su una picca. Era l’uomo che aveva fatto uccidere suo padre e suo fratello. E questo ce lo racconta Dante, nel Purgatorio…
Ghino mi sembra rappresentare bene un certo animus dell’italiano, sovente dimenticato. E celato. Mi disse, moltissimi anni fa, Pio Filippani Ronconi che noi non siamo una stirpe di soldati. Non abbiamo la disciplina dei romani antichi. Ma abbiamo un orgoglio popolare, ribellistico. Un gusto per la faida e il coltello, che esplode all’improvviso. Inaspettato. E allora…
E allora viene fuori Ghino di Tacco. E si vendica. Quando i governanti, pasciuti e tranquilli, si crogiolavano ormai nella convinzione di essere sicuri. Saldi al potere. Su un gregge di pecore prone al macello. Viene fuori, e mette mano al coltello.
Chissà perché mi viene in mente qualcun altro. Un politico di alcuni anni fa. Che quando scriveva, sull’Avanti, proprio Ghino di Tacco si firmava. Non ero un suo sostenitore. Ma aveva visto giusto, su tante, troppe cose. E compreso che china stavamo prendendo. Aveva cercato, bene o male, di porvi un freno. E lo hanno fatto fuori. C’è sempre un Benincasa pronto a fare il lavoro sporco, per qualche “Papa” lontano e nascosto.
Chissà se questo Ghino ha un figlio. O un erede….