“Gemmea l’aria…” e poi c’è quella cosa della ricerca, vana, degli albicocchi in fiore e dell’odorino amaro del prunalbo…. Nessuno, come Pascoli, è mai davvero riuscito a raccontare l’estate di S. Martino. L’effimera, e fredda, estate dei Morti.
Che quest’anno, qui a Roma tanto fredda poi non è. Anzi. Tira un vento caldo, vento di Scirocco che solleva le foglie ormai tutte, nei diversi toni del giallo, ocra e oro, cadute al suolo. Gli alberi spogli. Il silenzio di un mattino domenicale, con il cielo striato di nuvole dopo giorni in cui è stato cupo. Plumbeo e piovoso.
L’estate de San Martino è arrivata. A chiusura delle dodici notti che cominciano ad Ognissanti, quello che, per lo più, oggi viene chiamato Halloween. Secondo l’uso inglese. Le dodici notti dell’antico Samhain, il capodanno celtico.
In realtà, più che di un Capodanno, si trattava di uno dei quattro punti cardine della Ruota del Tempo. Chè gli antichi Druidi avevano una concezione circolare dello scorrere dell’anno, non lineare. Non vi era un inizio e una fine, ma un volgere della ruota, che tornava sempre allo stesso punto. Ancorché con il moto, irregolare, di una spirale. Come era, per altro, per i Romani, i Greci…
Non è un fatto di scarso rilievo. Nasceva dall’osservazione della Natura. Delle stagioni. Che sono cicliche. La linearità, l’inizio e la fine, sono il portato di un’idea astratta. Una razionalizzazione che chiamiamo Storia. E che non ha a che fare con la realtà della vita. Da questa concezione ciclica gli Antichi traevano la convinzione che nascita e morte fossero solo due snodi. Che non vi fosse una fine assoluta. Solo un passaggio. Un giro della ruota.
A differenza di altri popoli, i Celti non celebravano Equinozi e Solstizi. Ma quattro feste che cadevano a 40 giorni dagli eventi astronomici. Quindi nel pieno della stagione. Imbolc il primo febbraio. Beltane a fine Aprile. Lugandash ad inizio Agosto. E, appunto, Samhain. Tra Ognissanti e San Martino. Ogni volta la Festa copriva dodici notti. Dodici come i mesi del ciclo solare. Dodici notti magiche.
Samhain aveva a che fare col regno dei Morti. Tutte le quattro feste prevedevano l’aprirsi di misteriose “porte” su altri Mondi. Il loro universo era complesso. Molteplice. La fantascienza odierna, con l’idea del “Multiverso”, non ha inventato nulla di nuovo.
E a Samhain era appunto il Regno d’Oltretomba che si spalancava. Quello che i Mabinigion gallesi chiamano Annawn. E dove si ambientano le vicende dell’eroe, e re, Pwyll. Che per aver difeso il Re dell’Annawn da un suo nemico, ed essersi comportato con lealtà con la sposa di questi, ricevette in dono i maiali. Che uscirono da una fenditura nella terra. E il maiale è risorsa fondamentale per il lungo inverno del Nord. Non si butta niente. Tutto si mangia. E le setole venivano usate per fare spazzole e simili. Senza andare tanto lontano, in questa stagione, nel Friuli, si celebra la Sagra del porcit. Dove ogni piatto, dall’antipasto in poi, è a base di maiale. Un tempo anche il dolce, fatto col sanguinaccio zuccherato e arricchito di frutta secca…
San Martino era festa grande un tempo. A Venezia i bambini andavano a “bater pignata”. Battevano con cucchiai su vecchie pentole, e la gente dava loro dolcetti, confetti e canditi. Probabilmente il “dolcetto scherzetto” di Halloween ha, in questo, una delle sue remote origini.
Comunque donare ai bimbi dolci in questo periodo era tradizione vecchia. In Sicilia per i morti. A Venezia per San Martino. Ciò che restava di un remoto culto degli antenati. Che si immaginava portassero dolci e benedizioni alle nuove generazioni.
E poi San Martino è un cavaliere. Che il sincretismo cristiano ha voluto identificare con il Vescovo di Tours. Che era stato un ausiliario romano di cavalleria. Probabilmente giunto dalle steppe. Come, si dice in una versione della leggenda, anche i, famosi, cavalieri di Artù e della Tavola Rotonda. Che sarebbero stati ausiliari sarmati.
Al di là di questo, l’immagine è quella di un Cavaliere. Che è alla Cerca di qualcosa. Che è pronto a scacciare oltre la soglia i defunti. Perché le dodici notti si sono concluse. E tutto deve tornare al suo ordine naturale. Ma prima di respingere i morti nell’aldilà, San Martino dona, a loro e noi, una ultima parvenza d’estate. Di sole e di calore. L’estate dei Morti, appunto.