Prendi un paesino “nei pressi” della Costa Smeralda ma, in realtà, collocato tra i monti dell’interno della Sardegna. Un paesino non particolarmente attraente sotto l’aspetto architettonico, uguale a tanti altri fuori dai circuiti turistici dell’Isola. Da dove il mare non si vede e privo di reperti archeologici che in Sardegna, seppur poco valorizzati, sono pressoché ovunque. Insomma nulla in grado di farlo diventare un polo di interesse per qualsivoglia motivo. Tranne un particolare: l’intelligenza dei suoi abitanti e degli amministratori.
Così San Pantaleo si è trasformato in un borgo di artigiani ed artisti. Qualcuno si è proprio trasferito, scegliendo di vivere in una località lontana dallo stress urbano, dai riti delle metropoli. Il paesino si è abbellito con le esposizioni, fuori dalle botteghe, delle realizzazioni degli artigiani. E il Comune ha installato panchine a energia solare dove è possibile ricaricare i cellulari. Niente di che, peccato che grandi città abbiano rinunciato ad installarle per misteriose difficoltà tecniche ed economiche.
Ovviamente le ricadute sugli abitanti del luogo non sono mancate. Ed anche in questo caso è stato un problema di intelligenza. Di fronte all’arrivo dei turisti, che il giorno di mercato in estate diventano una folla difficile da gestire, la soluzione più semplice e più diffusa (nell’Isola come in Continente) sarebbe stata rappresentata da un aumento dei prezzi nei ristoranti, nei negozi “normali”. Anche perché i prezzi del mercato sono particolarmente elevati. Invece a San Pantaleo si è scelto di proseguire con un ottimo rapporto qualità/prezzo nelle trattorie e nei bar. Non il consueto “tanti, benedetti e subito”, evitando di pensare al futuro.
Il paesino ha scelto, al contrario, di guardare al futuro, rappresentato da nuovi abitanti mentre altrove si è alle prese con lo spopolamento. Ed ha continuato ad incrementare visitatori e spese sul territorio. Un esempio per tutti coloro che sognano un rilancio dei borghi tipici puntando esclusivamente sulla rapina degli sventurati che, per sbaglio e per una volta sola, si sono avventurati alla ricerca di una genuinità inesistente.
Certo, San Pantaleo ha avuto la fortuna di non avere a che fare con una sovrintendenza che, altrove, ha consentito di inserire in un antico paese Walser un’abitazione che nulla ha da spartire con le architetture tipiche e tradizionali e pare disegnata da un bambino delle elementari privo di doti artistiche. E ha avuto la fortuna di non dipendere da amministratori che sognano il turismo purché la promozione non richieda la presenza dei responsabili nei giorni di festa, di caccia, di incontri vari. Ha la fortuna di non avere speculatori che vogliono spianare i monti di Cugnana o il paesaggio selvaggio intorno al paese per costruire una superstrada per favorire l’arrivo di turisti. Ma la fortuna deve essere meritata e San Pantaleo se l’è meritata.