I risultati della gestione della sanità pubblica sono ormai sotto gli occhi di tutti i cittadini, ma soprattutto dei cittadini che sono purtroppo costretti a ricorrere alla sanità privata, in teoria pagando due volte: la prima con le loro tasse (sempre ammesso che le paghino) la seconda per necessità mediche non rimandabili.
Gli interventi della politica sembrano rivelarsi decisamente non all’altezza. Interventi che da una struttura sanitaria invidiata da tutto il mondo, hanno proiettato un sistema verso la catastrofe. Anche i medici hanno fatto la loro parte, assistendo al progressivo disfacimento del SSN nella più totale indifferenza. Una sanità pubblica governata con frequenza nell’indifferenza del personale sanitario, quasi che nessuno di noi percepisca il dovere anche etico e morale di opporsi a scelte avvilenti per il cittadino e per gli stessi operatori.
I dati emersi dal 18° Rapporto di Crea Sanità descrivono una sanità italiana in grande difficoltà. È necessario, per allinearci con i Paesi europei, un finanziamento di 10 miliardi di euro per 5 anni. Da qui, il dubbio amletico, su quanto sia indispensabile ricorrere alle risorse del Mes sanitario per rendere il Servizio Sanitario Nazionale efficace ed efficiente nelle prestazioni ai cittadini. Ma favorevoli o contrari al Mes nessuno sembrerebbe avere un interesse reale al miglioramento del Servizio sanitario nazionale. Per questo occorrerebbe un piano particolareggiato, del quale non sembra esserci traccia. Quindi invece di discutere del Mes, sarebbe il caso che cominciassimo a discutere seriamente su come vogliamo riformare il sistema sanitario.
Lo chiediamo a Alberto Nigra, membro direttivo di Torino Viva nel settore politiche pubbliche: “L’indicazione del MES sanità, come strumento finanziario imprescindibile, in realtà indica lo stanziamento necessario per risanare la nostra sanità più che la speranza che il nostro governo possa pensare di adottare questa procedura come quella dei fondi che il MES potrebbe mettere a disposizione. Abbastanza acclarato è che servirebbero almeno una trentina di miliardi per dare al nostro sistema sanitario il rafforzamento delle strutture e del personale necessario per superare i limiti che si palesano non solo in occasione di eventi pandemici, come è accaduto col Covid19, ma soprattutto con una erosione costante che ne sta aumentando l’inefficienza.”
Nigra ha presieduto il Convegno organizzato da Torino Viva, associazione animata da Giorgio Diaferia, medico e persona impegnata da molti anni sul tema della salute pubblica dal titolo ‘La sanità al primo posto, impossibile senza il MES’ che contiene sin dal titolo una provocazione che cerca di stimolare una discussione meno retorica ed inefficace di quella a cui assistiamo quotidianamente, da ormai molti anni, nel nostro paese.
Il MES al quale è contraria l’attuale maggioranza di governo, nonché una parte della precedente (Lega e M5S), è uno strumento pensato dall’Unione Europea come aiuto intergovernativo per fronteggiare crisi finanziarie dei paesi aderenti all’Euro, quando non siano in grado di approvvigionarsi sui mercati, con prestiti e linee di credito con garanzie. Inoltre prevede anche interventi destinati a fronteggiare crisi bancarie, non inconsuete, come abbiamo visto nelle settimane scorse.
Certo lo strumento non è gratuito, non tanto e non solo per la restituzione di quanto viene erogato, ma perché può chiedere ai paesi che vogliano ricorrervi la necessità di dover concordare ‘piani di ristrutturazione del debito’, ma questa è una opzione che scatta nel momento in cui si valuta che lo stanziamento erogato non sia in gardo di riportare in traiettoria discendente il rapporto tra debito pubblico e PIL.
Una parte delle forze politiche europee e italiane è ostile a questo aspetto, perché limiterebbe l’autonomia politica nazionale, la sovranità nazionale, ma la contraddizione è evidente: un paese può indebitarsi fino al punto di non ritorno, cioè quando non riesce più ad attingere dai mercati finanziari il proprio fabbisogno, quindi dovrebbe essere aiutato senza prendersi impegni con coloro che lo aiutano? Una lettura dei rapporti internazionali originale.
Questi i punti discussi al Convegno “La sanità al primo posto impossibile senza il Mes.”
• Tornando al tema del convegno sulla Sanità, per attivare il MES sanitario, bisogna prima ratificare il MES, cosa che prima o poi, con grida e strepiti, anche l’Italia dovrà fare, cosa che non significa, in caso di necessità ricorrervi, e quindi chiedere le risorse per rafforzare il sistema sanitario. Il governo di Meloni dichiara la sua volontà di non ricorrervi mai, anche in caso di sottoscrizione.
Da cittadino italiano, Alberto Nigra, si augura non vi sia mai la necessità di dover accedere agli aiuti del MES, perché in tal caso vorrebbe dire che saremmo al default finanziario, quindi con o senza ‘obblighi concordati’ in una situazione sicuramente pesante e dolorosa per chi vive e opera nel nostro paese.
Ciò detto, servono trenta miliardi, che si potrebbero anche provare a reperire emettendo dei Bond, ma i tassi crescenti non rendono indolore questa scelta, oppure dirottare sulla sanità la priorità delle scelte politico finanziarie dei prossimi anni. Il Governo in carica ha altre priorità, anche comprensibili e in parte condivisibili, come quelle di abbassare la pressione fiscale. Nessuno sa se si riuscirà in questo intento, ma nel frattempo questo non depone a favore di una aumento della spesa sanitaria, che invece sembra indispensabile
Dietro questo tema, Nigra, ne individua altri tre strettamente correlati. Il primo, più risorse per spenderle male come si è fatto in questi decenni? In Italia come è noto c’è una qualità della sanità estremamente differenziata tra le regioni, vere protagoniste sulla base dell’attuale ordinamento, in particolare tra Nord e Sud, ma anche all’interno delle macroregioni non tutto è omologabile. Per stare a noi, la sanità piemontese non è ai livelli di quella lombarda o emiliano romagnola. Quindi prima di spendere eventuali risorse aggiuntive sarebbe necessario provare a capire perché ad oggi di fronte a risorse rilevanti non si abbiano risultati comparabili in termini di qualità.
• Il secondo, il sistema sanitario è stato via via squilibrato, o meno smantellato, privilegiando il ruolo degli ospedali, a cui spetta anche il titolo di ‘aziende’ , a discapito della medicina territoriale, che vuol dire prevenzione, rapporto con il fattore demografico dell’invecchiamento della popolazione, quindi crescente richiesta di cure di lungo periodo per patologie legate alla crescente aspettativa di vita. Il sistema su questo segna tutta la sua debolezza, basti pensare alla strage di anziani che ha determinato il Covid19. Certo c’era una congenita maggiore fragilità e debolezza in questa fascia di popolazione ma, anche senza ricorrere alla tragedia delle ‘stragi’ nelle RSA, è apparso a tutti evidente che c’era una falla nel sistema, che non era imprevedibile immaginare si sarebbe prima o poi manifestata, anche se nessuno avrebbe immaginato di fronte ad una pandemia mondiale di simile virulenza.
• Il terzo, quale deve essere il rapporto tra sanità pubblica e il gestore, che può essere pubblico o privato. Premesso che se il disegno di riforma di Calderoli per la autonomia differenziata arriverà a conclusione del suo iter questo problema si porrà in modo ancora più accelerato. Oggi questo è un tipico argomento sul quale nel nostro paese si discute istericamente, sollevando grandi cortine fumogene, che spesso sono il segno di una assenza di analisi e di proposte. Da una parte c’è chi afferma la assoluta necessità di conservare tutto il pacchetto di politiche e gestione saldamente in mano pubblico, ma sull’altro fronte non c’è una proposta realmente alternativa, piuttosto si assiste ad una ‘privatizzazione’, dove chi può e spesso anche chi non potrebbe, ricorre alla sanità privata per molte delle prestazioni di cui necessita.
• Per fare un esempio concreto, alle recenti elezioni di Lazio e Lombardia, le due più popolose regioni italiane, vi erano due amministrazioni uscenti di tendenza politica opposta, destra e sinistra, entrambe ‘comprano’ con risorse pubbliche molte prestazioni sanitarie dai privati, quindi dove sta la differenza? Ebbene la differenza dovrebbe stare tra qualità della prestazione e costo della prestazione. Il costo della prestazione privata e definito dai DRG, un valore prefissato per pagare le prestazioni sanitarie alle aziende ospedaliere, parametrato sull’efficienza della spesa. Si premia chi produce di più ad un prezzo minore. La differenza è che se una azienda privata non è efficiente rischia il fallimento, mentre una azienda pubblica riceverà una copertura da parte della finanza pubblica, cioè sempre dagli stessi contribuenti.
Sarebbe bello e proficuo se in Italia si discutesse, confrontasse e anche litigasse sul modello sanitario che si vorrebbe per il nostro paese, ma altri e assai più irrilevanti paiono essere i temi sui quali si accapigliano maggioranze e opposizione, con lodevoli, ma minoritarie eccezioni.