I primi a produrre pipe in radica furono, a quanto si dice, i francesi, nel paesino di Saint-Claude, situato nel Parco Naturale Regionale dell’Alto Giura.
Ciò accadeva a metà del XIX secolo, e qualche anno dopo furono gli inglesi a sviluppare l’utilizzo di questo materiale fino a farlo diventare predominante rispetto ad altri legni, alle schiume e alle terrecotte.
Ma in Inghilterra l’erica arborea, dalla quale si ricava la radica, non cresce. Pertanto i primi produttori furono costretti ad approvvigionarsi nelle aree mediterranee. Fin da subito si comprese come la qualità migliore fosse quella italiana, raccolta in Toscana, Calabria e Sardegna. Ciò fece sì che anche in Italia piano piano si sviluppasse una tradizione di produttori che oggi sono tra i più apprezzati al mondo.
Quando si parla di pipa italiana il primo nome che viene in mente è quello di Savinelli. Non c’è estimatore del lento fumo italiano che non ne abbia posseduta almeno una.
Già nel 1876 Achille Savinelli aprì nel cuore di Milano, al numero 2 di Via Orefici proprio all’angolo con Piazza Duomo, una bottega di articoli per fumatori che esiste tutt’ora. Non è certo che si tratti del primo negozio specializzato al mondo, ma di sicuro è il primo in Italia. Ma occorre attendere gli anni del secondo dopoguerra perché i discendenti di Achille decidessero di produrre pipe in proprio.
Prima dei Savinelli le pipe italiane più diffuse erano le “Non canta a raganella”, un’azienda fondata alla fine dell’Ottocento da Alcide Duranti a Castelfidardo, nelle Marche. Il nome nasce dal fatto che nel fondo del cannello della pipa c’era una camera d’aria che permetteva di fare più fumate raccogliendo l’acquerugiola.
A quei tempi quasi nessuno poteva permettersi il lusso di avere più pipe: se ne possedeva una o al massimo due. La pipa era semplicemente un modo per fumare il tabacco, soprattutto il Kentucky o i rimasugli dei toscani. La pipa fumata così frequentemente e con quel tipo di tabacco creava moltissima condensa e gracchiava come una raganella. Il signor Duranti creò così una pipa che consentiva fumate più lunghe e frequenti.
Le creature di Duranti sopravvissero, tra mille vicissitudini, almeno fino alla fine degli anni Ottanta, ma vennero surclassate dai prodotti della ditta Savinelli e dalle pipe Brebbia.
Nel 1947 Achille Savinelli – nipote del fondatore del negozio di Milano – e Enea Buzzi ebbero l’idea di produrre pipe di qualità anche in Italia. Con gli auspici – e i finanziamenti iniziali – di Bernardo Papa, zio del Buzzi, i due, con l’ausilio di soli tre artigiani, aprirono un piccolo laboratorio a Bosco Grosso di Brebbia, nel Varesotto. Ma le idee divergenti portarono i due a separarsi molto presto. Così Achille jr. spostò la sua produzione poco lontano, in una sua fabbrica a Molina di Barasso.
A poco a poco Brebbia e Savinelli monopolizzarono il mercato italiano, anche se i loro prodotti si vendevano bene anche all’estero.
A questi due colossi si affiancarono ben presto un buon numero di produttori più o meno artigianali che dedicavano maggior attenzione alla qualità dei materiali e alle forme. D’altra parte era difficile fare concorrenza alle pipe inglesi, che però proponevano forme molto classiche e standardizzate. Così l’estro e il gusto estetico tipico dei nostri artigiani prese il largo e si impose ben presto sui mercati di tutto il mondo.