L’osservatorio internazionale di geopolitica “Il nodo di gordio” organizza un dibattito il cui nome è “La muraglia infinita”. Una sala, un tavolo e quattro personalità che hanno accettato di discutere, al di là di ideologie politiche e convenienze di parte, di una questione urgente: la possibilità che il governo Meloni non rinnovi il memorandum d’intesa sulla Via della Seta.
Michele Geraci, il logico economista dalla mente pragmatica, Gianni Alemanno, esponente di destra con a cuore la sovranità nazionale, Marco Rizzo, segretario nazionale del Partito Comunista dalle grandi capacità oratorie, Mirko Bisesti, Assessore alla Cultura e Istruzione della provincia di Trento con un bagaglio di esperienza presso il Parlamento Europeo. Ecco i quattro ospiti che hanno avuto l’ardire di accettare l’invito e di mostrare che c’è ancora chi ha la lucidità di individuare e di discutere di problemi reali che spesso non ricevono lo spazio mediatico meritato.
Nel marzo del 2019 il presidente cinese Xi Jinping firma un memorandum of understanding con l’Italia, cioè un documento di sette pagine che costituisce un accordo di cooperazione tra i due Paesi senza sottoscrivere, però, alcun tipo di obbligo da parte dei due. A distanza di quattro anni quello che si è dimostrato un successo della diplomazia italiana rischia di venir vanificato dal governo Meloni che, ignorando totalmente la crescita del 22% dell’export italiano in Cina, sostiene che l’adesione alla Via della Seta non abbia recato vantaggi allo Stato italiano.
Come precedentemente riportato, ma è bene ricordare, il memorandum non ha valore di accordo internazionale, non implica obblighi, ma opportunità sia per l’Italia che per l’industria “made in Italy”. Geraci illustra chiaramente come la crescita dell’export e degli investimenti cinesi in Italia siano una conseguenza diretta del patto, ma non si limita al puro aspetto economico: il rinnovo del memorandum permetterebbe all’Italia di cooperare con la Cina per lo sviluppo dell’Africa.
È sempre più evidente come l’unica soluzione al fenomeno migratorio sia la stabilizzazione del continente africano e l’asse Cina-Italia costituirebbe una sinergia ideale: la prima possiede il denaro, l’altra la posizione e la rispettabilità data dall’appartenenza all’Unione Europea. Alla luce di ciò, quindi, risulta chiaro come la rottura del patto con questa potenza mondiale costituirebbe un “autogol clamoroso” in termini economici, sociali e a livello di relazioni internazionali.
Il ministro Tajani in visita a Pechino ha tentato di giustificare le intenzioni del governo italiano dicendo che la nazione non ha tratto vantaggi: il Ministro degli Esteri si è fatto portavoce di una falsità che non è passata inosservata al Ministro del Commercio cinese. Il fatto che Pechino non abbia compreso i motivi che muovono l’Italia a perseguire lo scioglimento del memorandum non fa che incrinare l’immagine del nostro Paese, il quale si mostra ancora una volta incapace di creare una politica estera solida e seria che funzioni al di là dei singoli governi. Inoltre, il professore Geraci spiega come questo diretto attacco ai BRICS e palese allineamento agli Stati Uniti avrà delle inevitabili ripercussioni sull’economia italiana e l’esportazione dei prodotti made in Italy, progressivamente rimpiazzati da quelli francesi e tedeschi.
Preoccupanti saranno anche le conseguenze sulla già allarmante crisi migratoria. Anche se l’Italia fatica a metabolizzarlo, l’Unione Europea si è dimostrata incapace nel far fronte alla questione. L’unica possibilità per il nostro Paese sarebbe, quindi, riappropriarsi della propria sovranità e intervenire consapevole del proprio ruolo nel Mediterraneo, il “mare nostrum”. Il memorandum con la Cina è un’occasione concreta per creare delle condizioni ottimali per uno sviluppo africano che eviterebbe l’arrivo nei prossimi anni di milioni di giovani nel nostro Continente e in primis nel nostro Stato. L’afflusso incontrollato, infatti, non rappresenta solamente un problema logistico, ma, come evidenzia Rizzo, anche sociale, dal momento che “porterebbe ad un abbassamento dei diritti per tutti e alla fine dello stato sociale”.
Data la prospettiva inquietante risulta difficile comprendere le motivazioni reali per cui il governo Meloni vuole interrompere la Via della Seta, via privilegiata verso un nuovo ruolo dell’Italia all’interno dello scacchiere mondiale, ormai caratterizzato dal multipolarismo. Dal dibattito sono emerse due opzioni plausibili: pressione da parte degli USA o una totale mancanza di metodo che ha fatto sì che il memorandum venisse confuso con un accordo di libero scambio, fraintendimento possibile dal momento che coloro che hanno avanzato perplessità hanno ammesso allo stesso Geraci di non aver letto il documento.
Quel che è certo, però, e su cui i quattro ospiti della conferenza si sono trovati concordi, se pur provenienti da scuole di pensiero diametralmente opposte, è che sciogliere il patto con la Cina avrà solamente un effetto distruttivo. Se mantenere dei rapporti ottimali con Pechino ci permetterebbe di conquistarci un posto all’interno della nuova realtà multipolare in cui viviamo, sacrificare per l’ennesima volta i nostri interessi nazionali in nome di un unipolarismo che non esiste più non farà che mantenerci in una posizione di “ultimi della classe all’interno di un sistema Occidentale che ci sta volutamente tenendo ai margini”.