L’università di Londra annuncia una scoperta che definisce “epocale”. I nostri antenati, cacciatori raccoglitori del paleolitico, sapevano già scrivere … Questo sarebbe stato dedotto da determinati segni – punto, linee, e soprattutto, ripetuta, la Y – che si ritrovano in molti siti. Mescolati con pitture di aninali ed altri disegni. Tanto da fare pensare ad un modo per fissare e indicare sistemi di caccia. O segnalare la presenza di branchi di animali. Infiormazioni preziose. Anzi, vitali, secondi gli studiosi che hanno annunciato la scoperta.
Ora, la notizia in sé non mi sembra, poi, così sconvolgente. Né rivoluzionaria. Già le pure e semplici pitture parietali non erano, a ben vedere, che un sistema di comunicazione. Certo, i cosiddetti affreschi delle Grotte di Altamira (e altri consimili) hanno una loro bellezza stilizzata e arcaica. Un notevole potere di suggestione. Tanto da aver influenzato in parte l’arte contemporanea, alla ricerca di spunti vitali nel “primitivo”.
Però dubito che i pittori del paleolitico volessero fare arte, per lo meno nel senso che noi diamo a tale parola. I loro disegni potevano avere significato magico. Rituale e religioso. E certamente servivano a comunicare. In fondo la più antica forma di scrittura sono proprio i pittogrammi. Cui è seguita quella ideogrammatica. Poi quella sillabica. E solo molto tardi quella alfabetica. Che è il prodotto di un processo di astrazione concettuale.
Comunque, lungi da me voler imbarcarmi in una, pedantesca, digressione di filosofia del linguaggio. Non è il mio mestiere. Ed anche le teorie sulla genesi del linguaggio, sulle paleolingue, ovvero le lingue del paleolitico, per quanto affascinanti, mi danno sempre l’impressione di un mero gioco intellettuale. Che lascia un po’ il tempo che trova. Per sapere se avevano ragione i “ragazzi ” della Scuola di Mosca, con i loro studi sul Nostratico, o, che so, quell’eccentrico (ma geniale) torinese del Mario Alieni, che sosteneva che le lingue attuali derivano da quelle parlate dai cacciatori di Mammuth (e, tra l’altro, che gli Etruschi fossero turchi) ci vorrebbe la macchina del tempo. Proprio quella di H.G. Wells.
Che non c’è, purtroppo . Ma se ci fosse, sono convinto che di sorprese ne avremmo. E belle grosse. Perché noi siamo, diciamo così, affezionati ad una narrazione delle origini dell’uomo che continuiamo a spacciare per certa e incontrovertibile. Una sorta di favola lineare, in cui all’inizio ci sono dei bruti, che lentamente si evolvono. E diventano progressivamente sempre meno bruti. Sino ad arrivare a quella meraviglia che è, o meglio dovrebbe essere, l’uomo contemporaneo. Che se ne sta qui, tutto compiaciuto di se stesso, al culmine della scala evolutiva. Arrogante della sua “Scienza”, guarda dall’alto in basso i suoi antenati.
Ogni tanto, però, anzi, sarebbe meglio dire ogni spesso, filtrano frammenti di strane notizie, scoperte, ritrovamenti. Che ti fanno, per un momento, sospettare che le cose stiano, e siano andate, ben diversamente.
Città vere e proprie, o grandi santuari, che risalgono ad epoca remota, ad esempio. Quando i, famosi, bruti dovevano vivere in piccoli gruppi nelle caverne. Cerchi di pietre che si rivelano collegati ad una osservazione delle stelle tutt’altro che rozza e superstiziosa …adesso anche questa protoscrittura…
Che in sé non è, poi, questa grande scoperta. Se non perché dimostra una organizzazione sociale che richiedeva sistemi già abbastanza sofisticati di comunicazione. E utili a catalogare le cose. Che è stata, poi, una delle primissime, ragioni per concepire sistemi di scrittura. Si pensi agli archivi in Lineare B delle città micenee. Che altro non erano che cataloghi di oggetti, derrate alimentari e simili…rare le formule religiose e i riferimenti, diciamo così, politici. Al sistema di governo….
Eppure, con ogni probabilità, già c’era stato … Omero. Ovvero già erano stati composti oralmente i poemi che ci sono giunti a suo nome. E molti altri, perduti per sempre.
Perché, vedete, noi confondiamo il possesso di tecnologie con la civiltà. Le conoscenza della scrittura con la creatività. Ma non è così. Anzi, paradossalmente, forse, è proprio il contrario. E chissà quali storie meravigliose, quali canti corali, quali parole e quali musiche attraversavano le lunghe notti della nostra…preistoria.
Che, poi, a ben pensarci è termine ambiguo. Anacronistico. Perché la storia non è solo quella di cui abbiamo documenti scritti. Quella è solo una parte. La punta di un iceberg di cui non siamo in grado di valutare grandezza e profondità.
Intorno a noi, nella natura, tutto si svolge secondo ritmi ciclici. Ma noi ci ostiniamo a pensare che solo la civiltà umana debba essere una linea progressiva. E che la nostra specie non abbia conosciuto luci ed ombre. Progressi e regressi. Civiltà fiorenti scomparse…Atlantide che s’inabissa con il suo sapere …roba così insomma …
Eppure, se ci guardassimo intorno, o se pensassimo alla vita di questi ultimi anni….mascherine , manipolazione mediatica di massa, folle rintanate in casa per cieco terrore dell’invisibile…qualche dubbio ci dovrebbe venire, no?
E magari dovremmo cominciare a considerare meno …bruti quei nostri antenati che hanno dipinto le grutte di Altamira. E composto, forse, i primi canti, le prime storie. Che poi sono diventate l’Iliade. O la fiaba di cappuccetto rosso ….