Diversamente la struttura dei brani di Tenco era sicuramente meno banale e più complessa. Per certo mutuata dal jazz, sua passione da sempre.
Peraltro non si dedicò solo ed esclusivamente a musica per così dire “colta” giacchè, in veste di paroliere ed in compagnia del vigevanese Bardotti, collaborò alla stesura dei testi italiani di alcuni brani dei Primitives di Mal.
Dopo il suo “salto” alla RCA egli fu praticamente spinto ad essere nel gruppo dei cantanti del Festival 1967 sì come debuttante, ma pur sempre in coppia della già lanciatissima cantante italo –francese Jolanda Gigliotti in arte Dalida. Alcune voci annoverandoli addirittura come favoriti. Come detto di stupidaggini a tal proposito ne sono state scritte e dette fin troppe. Ciò che potrebbe essere stato fatale al giovane cantante potrebbe essere l’aver dato retta ad un suo collega – né genovese né presente al Festival – che gli consigliò di miscelare alcol e tranquillanti per vincere la “paura del palcoscenico”.
Certo. Un conto è cantare di fronte ad un pubblico ridotto oppure in televisione magari beneficiando della differita, un altro dinanzi ad una platea “tranchant” come quella di Sanremo, in diretta e perdipiù in Eurovisione. Certo che ci si sarebbe aspettati un suggerimento più oculato, specialmente da parte di un… medico.
Qui comincia il dramma.
L’iniziale effetto energico/euforizzante di barbiturici e grappa di pere andò probabilmente a scemare verso l’esatto opposto. Specie quando Tenco – la cui esibizione era prevista a inizio serata – cantò invece tra gli ultimi. Con ovvio viraggio verso sonnolenza e scarsa reattività.
In effetti egli cantò davvero maluccio, faticando persino e seguire l’orchestra, quasi dovesse togliersi un peso. In seguito s’addormentò su un biliardo. Risvegliato probabilmente di soprassalto, egli si mostrò furioso. Forse per l’eliminazione, forse per lo stato mentale comunque alterato. Lasciò il Casinò guidando a velocità folle, benché abbastanza breve fosse la distanza tra il medesimo e il ristorante scelto dal gruppo della sua casa discografica, Dalida compresa. Arrivato sul posto Tenco si rifiutò di rimanervi. E tornò in albergo.
Ritirata la chiave dal portiere del “Savoy”, allora albergo di lusso al pari del Royal, si recò nella sua stanza dalla quale partirono due telefonate. Una diretta ad un manager RCA che si negò. L’altra alla propria fidanzata. Ciò è provato dal fatto che le chiamate specialmente intercomunali dovevano necessariamente essere prenotate. Ai tempi non esisteva la teleselezione, men che meno in una camera d’albergo.(2)