Un uomo solo al comando. Era il paradigma non solo del ciclismo ma dello sport in assoluto. Ma Coppi, era lui l’uomo solo al comando, aveva grandi rivali, a partire da Bartali. Il dualismo era l’essenza delle grandi sfide della boxe, Benvenuti contro Mazzinghi, per restare in Italia. Thoeni contro Gros. Campioni che dividevano i tifosi, che suscitavano entusiasmi.
L’Italia restò una notte incollata alle radioline per ascoltare la cronaca del lunghissimo incontro tra Nino Benvenuti ed Emile Griffith, trasmesso in diretta dal Madison di New York, per esplodere di gioia quando il pugile triestino divenne campione del mondo.
Ora si fa fatica ad entusiasmarsi per degli sport che si sono trasformati in riunioni d’affari, in esibizioni di tecnologie, in dominio incontrastato della squadra più ricca.
Quanti telespettatori ha perso la Formula 1 da quando, nella migliore delle ipotesi, si assiste al solito duello Mercedes-Ferrari? Per di più con pochi sorpassi, nessun incidente, nessuna emozione. Tutti ricordano Gilles Villeneuve che in ogni gara rischiava la vita è che in pista è morto, senza mai conquistare il titolo mondiale. E nessuno ricorda il figlio che il mondiale lo ha vinto. È vero, il pubblico è rimasto quello delle arene, del Colosseo e, senza ammetterlo, spera sempre in un incidente. Ma tra la morte in pista e la noia mortale ci dovrebbero essere delle soluzioni intermedie.
Così come servirebbero nuove epiche imprese nel ciclismo mentre, invece, è diventato solo un business che fa partire all’estero le corse a tappe nazionali solo per far cassa. E poi finge di indignarsi se un corridore ricorre al doping per la medesima ragione: far cassa con un successo.
Anche il calcio non fugge alla stessa regola. Chi fugge sono gli spettatori perché non si entusiasmano più di tanto di fronte alla prospettiva di competere per un posto in Europa League con o senza fase preliminare. E solo un giornalismo di servizio può raccontare di folle entusiaste per il settimo scudetto consecutivo e la quarta Coppa Italia.
L’assuefazione ai trionfi genera noia anche tra chi vince. Figurarsi tra chi perde e non ha chances per una rivincita. Per creare un po’ di tensione occorre litigare sugli arbitraggi perché in campo il divario è eccessivo. Ma uno sport non può vivere solo sugli scandali dell’Orsato di turno.
Nessuno, però, vuol fare un passo indietro. Non importa se gli spettatori calano nei circuiti della F1 e pure davanti alla tv. Non importa se è più divertente giocare con un simulatore.
Le squadre vincenti vorrebbero un budget illimitato per aumentare ulteriormente le differenze con i team più piccoli. Onde evitare che Red Bull possa conquistare il podio in qualche occasione. E meno spettatori ci sono, davanti al video, più si alzano i toni del commentatore. Per provare a svegliare dal torpore chi ha avuto la cattiva idea di piazzarsi sul divano invece di uscire per una passeggiata. Sicuramente più entusiasmante.