Libertà è partecipazione. Giorgio Gaber lo cantava negli anni 70 e non si sarebbe aspettato che la partecipazione potesse trasformarsi in un tabù, in un ostacolo per la costruzione del nuovo ordine mondiale e locale. Niente partecipazione e assolutamente nessuna libertà.
Le nuove oligarchie non amano il contatto fastidioso con il popolo. Ed i centri di potere si strutturano in modo tale da evitare che la rabbia popolare possa interferire con la gestione dei vari Paesi.
L’importante è creare l’illusione che la gente comune possa contare qualcosa, possa essere di più e di meglio di un semplice numero.
La Rete è la grande truffa, è l’alibi che consente ad illustri sconosciuti di conquistare non più i pochi minuti di notorietà ma persino uno scranno in Parlamento. Dove lo sconosciuto non avrà la possibilità di incidere, di decidere e di scegliere. Ma dovrà limitarsi ad alzare la mano e premere un pulsante quando il vertice del suo partito o movimento deciderà.
Così perde di ogni significato la polemica sulla impreparazione di eletti che non hanno esperienza alcuna, che non hanno mai lavorato o che si sono dedicati ad attività inadeguate rispetto ai nuovi compiti. Perché anche i movimenti più liquidi, se non gassosi, dispongono di strutture che analizzano la situazione e le prospettive future. Per poi inviare gli ordini agli eletti.
Il voto popolare, di conseguenza, non ha alcun valore e valgono ancora meno eventuali preferenze espresse dagli elettori.
Le nuove oligarchie si sono strutturate, in politica come in ogni ambito della società civile. E sono queste strutture che determinano le scelte strategiche in economia, nella cultura, nella società civile. Le nuove mode, le canzoni di successo, gli stili di vita, la notorietà degli artisti.
Ovviamente facendo in modo che il popolo si illuda di contare e di determinare qualcosa, magari anche irrilevante.
Tutti convinti di essere liberi perché, a distanza di 50 anni dal 68, lo slogan “vietato vietare” è diventato prassi nella vita di tutti i giorni.
Sarà per questo che è sufficiente entrare in una stazione ferroviaria italiana per essere subissati da divieti: vietato salire o scendere se il treno è in movimento; vietato oltrepassare la striscia gialla; vietato abbandonare i bagagli; vietato fumare.
Il problema non è rispettare delle regole di banale buonsenso ma il profluvio di divieti, di ordini perentori.
Nelle località di mare è vietato circolare in costume da bagno, è vietato in spiaggia, in montagna è vietato accendere fuochi, in alcune città è vietato vendere alcolici la sera.
Divieti di ogni tipo, in ogni luogo. I sudditi devono adeguarsi, senza protestare. Hanno rinunciato a partecipare accusando la politica di essere brutta, sporca e cattiva? E allora hanno anche scelto di rinunciare alla libertà.