SENZA RADICI NON SI VOLA
Così Bert Hellinger, il fondatore di un nuovo approccio alla terapia sistemica che lo Stesso ha chiamato delle Costellazioni familiari, ha titolato il suo saggio fondamentale. Possiamo facilmente agganciare la sua teoria a quella della ghianda di Hillman o all’eredità da altre prospettive psicoanalitiche.
Riassunto: che lo vogliamo o no, che ne siamo orgogliosi o schifati, siamo sempre figli di qualcuno. E la dimostrazione di questa verità di natura è confermata dalla ricerca che molti adottati attuano per risalire alle figure primarie della loro esistenza.
“Nessun sistema sociale ha finora funzionato senza prendere in conto la differenza dei sessi” ha scritto Charles Melman, uno dei più grandi psicoanalisti francesi attuali, e le figure del padre e della madre hanno una funzione di sanità mentale, di equilibrio psichico, per evitare una traumatica e patologica patologizzazione del soggetto e dell’identità.
La “catena familiare” dà un senso alla storia personale, fonda il retaggio e imposta l’eredità, definisce la propria discendenza e conferma – appunto – le proprie radici.
Così si sono costruite le Storie e le Civiltà.
Evidentemente, il nostro tempo è quello della liquidità di Bauman o addirittura dell’evaporazione di Lacan, se c’è chi, come Nadia Terranova, scrittrice e giornalista, trova “bello non appartenere a nessuno…azzerando la proprietà o moltiplicandola all’infinito”, magari togliendosi il cognome o “inventandomene uno di sana pianta”, perché “Se dobbiamo dire a chi apparteniamo, più scelta abbiamo meglio è”.
Queste considerazioni potrebbero sembrare bizzarre o insensate, ma in quella stramberia o in quella follia si nasconde un lucido progetto: la dissoluzione del soggetto nell’individualismo indifferenziato e la disgregazione della società in una massa disorganica.
Uno dei problemi della psicopatologia grave è legato proprio all’identità, al suo mancato riconoscimento interiore, alla sua insicurezza ontologica, alla dissoluzione dei suoi confini. Ma queste questioni che si ripercuoteranno nello sviluppo non interessano i fautori della liquidità affettiva e della fluidità sessuale.
E così, dopo l’attacco sconsiderato alle basilari leggi di natura, con la negazione dell’ordine stesso della biologia e della fisiologia nelle operazioni ideologiche del gender, dopo che “l’eccesso, l’indegnità, la perversione sono diventate la norma sociale”, “la trasgressione una percezione”, “il libertinaggio di massa” (C. Melman) hanno disancorato la psiche dalla realtà, non resta altro che aspettare le manifestazioni patologiche – quando va bene – dell’isteria collettiva o, ancora peggio, della psicosi diffusa.
L’atmosfera delirante è solo agli inizi, e questo attacco al cognome è solo l’ennesimo grimaldello per scardinare quella ragione il cui sonno – come insegna il Goya – genera mostri, e i mostri si aggirano già da tempo nella nostra allucinata contemporaneità. E se senza radici non si vola, questi razzolano nella melma dell’indifferenziato egoismo.