Il centrodestra si riunisce per fare il punto della situazione. In realtà, se ci fosse un briciolo di onestà intellettuale, sarebbe sufficiente il tempo di un caffè. Perché l’analisi della sconfitta è estremamente semplice. E l’avevano già fatta, prima del voto, amici ed avversari, ex compagni di viaggio e chi vorrebbe ancora viaggiare insieme. Tutti concordi su un punto: la classe dirigente dei tre partiti è disastrosa, irrimediabilmente disastrosa. Poi ciascuno degli analisti poteva avere opposte visioni della direzione da prendere, ma sul livello infimo delle classi dirigenti c’era unanimità a prescindere dalla collocazione politica.
Ma dal momento che a fare il punto della situazione sarà proprio questa classe dirigente, appare improbabile che si arrivi al suicidio di massa. Nella migliore delle ipotesi, ma sarà comunque difficile, si potrà forse arrivare ad una autocritica piccina piccina. Scaricando la responsabilità delle sconfitte sui candidati e non su chi li aveva indicati. Molto più difficile che si arrivi ad un atto di coraggio per mettere in dubbio la bontà delle strategie. Ed impossibile che ci sia una critica alle ideologie, per la semplice ragione che non esistono in nessuno dei tre partiti.
Però sono tutti sicuri di vincere le elezioni nel 2023. I sondaggi sono rassicuranti, come lo erano per questa tornata elettorale. Poi, però, i sudditi si sono stancati di farsi prendere in giro e non hanno votato. Premiando, in questo modo, una sinistra ottusa ma coerentemente ottusa. A destra, invece, la coerenza non si sa cosa sia.
Il 2023, tuttavia, è lontano e diventa complicato continuare a tergiversare per evitare di chiarire le proprie posizioni. Non è possibile conciliare slogan da destra sociale con le comparsate del maggiordomo di Confindustria che chiede meno fondi per chi è in difficoltà per regalarli alla grande industria. È ridicolo insistere sul sovranismo e poi rifiutare che ci siano misure per colpire le aziende che delocalizzano (che è tutt’altra cosa da una internazionalizzazione che non taglia i posti di lavoro in Italia). È stupido chiedere la cancellazione del reddito di cittadinanza in mancanza di una proposta vera per la creazione di nuovi posti di lavoro pagati decentemente.
La sinistra, con una operazione di carattere culturale ed ideologico, ha offerto alla sua base una visione del mondo. Discutibile, pericolosa, ma che alla base è piaciuta e che ha spinto al voto. A destra i selfie di Salvini, le scemenze della corte di Arcore su sesso e limitazioni della libertà di pensiero, il servilismo di Lollobrigida nei confronti del padronato hanno convinto gli ex elettori a restare a casa.
Ma allora, a cosa serve fare il punto della situazione? Berlusconi si ostina a non volere un delfino decente, il circolo della Garbatella resta arroccato all’interno del grande raccordo anulare di Roma, Salvini è un leader dimezzato in attesa di capire cosa vogliano fare da grandi Giorgetti e Zaia. Altro che “visione del mondo”, il massimo che ci si può aspettare è qualche nuovo slogan banale e perdente.