Un colorito del viso che lascia immaginare il peggio. Un incedere incerto, curvato in avanti. L’ammissione che la malattia sta progredendo. E poi Vittorio Sgarbi si avvia al microfono, si trasfigura e si scatena davanti agli invitati per l’inaugurazione di 3 nuove mostre al Mart di Rovereto, il museo trentino che il critico d’arte ferrarese presiede con grande successo. E più parla più pare guarire, ringiovanire. Un fiume in piena che umilia tutta la classe politica di una destra – variegata e sfaccettata – che ha sempre avuto paura delle proprie radici e delle critiche degli avversari.
Sgarbi no. Non ha paura di dedicare gran parte del suo intervento alla mostra su Julius Evola. Lo colloca tra i grandi della pittura, ricorda la sua ingiusta detenzione nel dopoguerra. E pronuncia la parola tabù: fascista. Al di là delle polemiche che attraversano il piccolo mondo antico della destra estrema, impegnato con l’onanismo intellettuale per definire correttamente la posizione di Evola rispetto a fascismo, neofascismo, tradizionalismo.
Sgarbi, che del piccolo mondo antico non fa parte, se ne frega e utilizza il termine fascismo anche per ricordare un’altra mostra già ospitata al Mart: quella su Depero. E poi torna su Evola. Ricorda il lavoro della fondazione guidata da Gianfranco De Turris, altro personaggio scomodo presente all’inaugurazione e citato anche nel catalogo. Sdogana tutti. E tanto per ribadire la grandezza di un mondo dannato, escluso dal dibattito culturale del politicamente corretto, ricorda anche Pound, il grande poeta americano incarcerato dagli americani per le sue idee politiche e la vicinanza a Mussolini.
Le altre due mostre, bellissime, inaugurate in contemporanea rappresentano l’occasione per un attacco ai critici di regime. Capaci di discriminare autentici capolavori non solo per ragioni politiche – come nel caso di Evola – ma perché i pittori sono rei di non aderire alle correnti artistiche che il politicamente corretto e la mafia radical chic ha reso uniche ed obbligatorie.
Sgarbi travolge tutto. Ironizza sul presidente della Provincia di Trento che si ferma solo pochi minuti e poi se ne va. Evitandosi, in questo modo, l’imbarazzo nel dover ascoltare la difesa di una cultura scomoda. Scomoda per i politici, non per chi di cultura si occupa nelle sue diverse declinazioni. Si sofferma, con dolore, sul nulla cosmico che le destre di governo di Ferrara hanno fatto per la cultura della sua città. Ringrazia gli editori, del passato e del presente, che hanno avuto il coraggio di pubblicare gli scritti di Evola. Ringrazia i collaboratori del Mart – alcuni, come il bravissimo Franco Panizza, con un curriculum rigorosamente estraneo alle destre, ma che non hanno avuto paura di confrontarsi con una cultura maledetta – per il lavoro svolto con impegno e successo.
Insomma, dimostra con i fatti che l’incapacità culturale dei politici delle destre non è una condanna inevitabile. Che è un problema di vigliaccheria e di scarsa preparazione, non una conseguenza del destino cinico e baro. All’inaugurazione, oltre a De Turris, sono presenti alcuni esponenti di quel mondo culturale, ignorato dai politici delle destre tremolanti ad ogni stormir di fronda.
Sgarbi ha dimostrato che un’altra cultura esiste, che può essere mostrata, che se ne può discutere. Ha aperto una strada? Forse sì. Ma non l’ha aperta per i politicanti paurosi delle destre. Loro quella strada la eviteranno. Non vorranno grane, problemi. Evola può essere sdoganato da Sgarbi, da Mieli. Può essere irriso dai duri e puri del neofascismo da Rsa più che da Rsi. Ma i politicanti delle destre, strapagati sugli scranni dei palazzi romani o delle rispettive Regioni, continueranno a far finta di niente. Continueranno ad affidare ai circoli culturali della sinistra intellettuale anche la gestione della sagra della cipolla, della festa del patrono. Per non avere grane, per non essere contestati. Per non dover ammettere di essere dei totali ignoranti.