Sembra di assistere progressivamente allo svuotamento e depotenziamento del diritto di proprietà, che potrebbe essere cancellato nell’ottica di questi equilibri di potere che comandano i ns governi.
E ciò è tanto più vero se si guarda alle gestioni di alcuni ordini professionali e alle riforme delle professioni recenti.
Mentre qualche anno fa si parlava di come il digitale in qualche modo sovvertisse il vecchio discorso sul capitale e la proprietà dei mezzi di produzione, dicendo che lo Smart working consentirebbe di essere padroni del proprio tempo e del proprio lavoro, le riforme degli ordini invece sembrano dire altro.
Si insiste sulle continue specializzazioni con esami continui, gli stessi che non fanno nel percorso educativo gli studenti, ma che si chiedono a professionisti e che prevedono spesso lauti pagamenti. Pare che si cerchi di ridurre al lumicino il numero dei professionisti iscritti i quali per conservare la possibilità di lavorare e di campare consegnano il loro lavoro, quindi lo strumento, al vaglio e al pagamento delle autorità di riferimento. Potrebbe ricordare i soviet.
È chiaro che tale sistema favorisce la concentrazione delle professioni in pochi, costosi studi o associazioni tra professionisti con la seria possibilità che si tratti di branches di studi esteri. In tale circostanza saranno favorite le mediazioni o il libero “arbitrio” degli esasperati, in ambito tecnico è possibile il far west.
Se così fosse andiamo non solo verso l’abolizione del diritto di proprietà, ma anche della libera impresa, della proprietà dei mezzi di produzione, del libero pensiero, della possibilità di vivere.