Il Fatto Quotidiano, in guerra continua contro il bugiardissimo Renzi, pubblica una serie di informazioni tratte da una inchiesta sull’attuale leader di Italia Viva. E scopre che il maledetto toscano aveva creato una struttura di comunicazione e di contrasto alle notizie avverse. Un vero scoop! Un politico che cerca di far conoscere le proprie posizioni, di fare proselitismo, di coinvolgere personaggi politicamente affini. Eh sì, è proprio uno scandalo..
Perché, nel frattempo, i pentapoltronati di cui il Fatto è il portavoce, si affidavano a Casalino. Dunque massima slealtà da parte di Renzi che mette in campo giocatori di Serie A mentre gli allora grillini schieravano uno da panchina in Terza categoria. E mentre il centrodestra non schierava proprio nessuno però si lamentava dell’arbitraggio.
Ma il Fatto insiste, indica le spese colossali, i rapporti con Israele, persino le conversazioni scherzose su whatsapp per trovare un nome alla struttura renziana che faceva il paio con la Bestia di Salvini. Ovviamente non c’è nulla di male nel raccontare tattiche e strategie del nemico politico. Peccato che tutto questo, con un’inchiesta, non c’entri assolutamente nulla. E lo stesso quotidiano parastellato riconosce che non c’è nulla di penalmente rilevanti. Però sarebbe interessante sapere quanto è costata, al contribuente, una indagine sul nulla. E perché le carte siano state passate ad un quotidiano amico delle procure.
L’offensiva contro Renzi – per stoppare le sue manovre in vista delle elezioni del presidente della repubblica – non finisce certo qui. Infatti compaiono i ricchi compensi incassati dal bugiardissimo per i suoi interventi in Arabia Saudita. Interventi e pagamenti sicuramente inopportuni per uno che si ostina a far politica in Italia. Come erano inopportuni i troppi viaggi dei politici italiani che, da democristiani, volavano in America per ricevere denaro ed ordini e che, da comunisti, denaro ed ordini li prendevano a Mosca.
Il Fatto non ricorda, evidentemente, l’espressione felice di Conte per essere stato preso in considerazione da Trump che lo chiamava Giuseppi. Le stesse espressioni da bambini in gita che hanno Letta, Salvini e Meloni quando possono andare a baciare la pantofola negli Usa. Dunque, per il Fatto, essere sul libro paga di Riad è inaccettabile mentre essere al servizio di Washington è cosa buona e giusta. In attesa che Murgia crei anche uno strumento per valutare se si è il maggiordomo di un potente giusto o sbagliato.
In ogni caso è vietato pensare che gli attacchi al bugiardissimo siano legati al suo rapporto con un Paese Arabo. Non c’è nessun servizio segreto e nessuno Stato estero che utilizza media e magistratura per lanciare avvertimenti a chi osa uscire dal recinto delle alleanze prefissate. E poi Matteo dovrebbe essere felice: al filoarabo Aldo Moro era andata molto peggio. E non era andata bene neppure al filoarabo Craxi. Coincidenze.