In attesa di poter leggere anche in edizione italiana “L’Italiano”, l’attesissimo nuovo romanzo di Arturo Pérez-Reverte già uscito in Spagna per le edizioni Alfaguara, si può ingannare l’attesa con “Sidi”, uscito in patria nel 2019 ma pubblicato da noi appena qualche settimana fa (Rizzoli Editore, pp.391, €20,00).
Il noto autore spagnolo si cimenta in questo caso con uno dei miti fondativi del popolo iberico, vale a dire il Cid Campeador, eroe le cui imprese sono narrate nel Cantar de mio Cid, un poema epico di autore ignoto risalente al XII secolo, ritrovato casualmente nel ‘700.
Un testo che, un tempo, si leggeva in estratto anche nell’ora di Epica alle scuole medie, insieme a brani tratti dai poemi omerici, dall’Eneide, dalla Canzone di Orlando e così via. Poi qualche ministro si deve essere accorto che i valori di eroismo e coraggio che stavano alla base di quei testi non erano troppo in linea con quelli dell’italietta contemporanea, e decise di conseguenza di abolire quell’unica ora di lezione settimanale e il libro di testo che la supportava.
Qualcosa di analogo deve essere accaduto anche in Spagna, se Pérez-Reverte ha sentito la necessità di raccontare la vicenda alla sua maniera, attraverso lo strumento del romanzo, ed emendandolo delle oggettive difficoltà linguistiche che il lettore di oggi incontra nell’affrontare un testo scritto otto secoli fa.
Ma l’operazione svolta dall’autore va ben oltre. La vicenda del cavaliere Ruy Diaz, detto Sidi, “signore” in antica lingua andalusa, o El Cid Campeador, cioè “prode”, viene sfrondata di tutti i toni retorici ed agiografici tipici della letteratura medievale. Ciò che resta è il soldato, il comandante la cui fama di invincibile viene prima di lui, consapevole delle aspettative dei suoi uomini, che conosce uno per uno, e che lo seguono e gli obbediscono in quanto riconoscono in lui un capo e non solo l’uomo che può dar loro un lavoro. Sì, perché il mestiere delle armi, allora come oggi, è pur sempre un lavoro; anche se consiste nel mettere a rischio la propria vita in favore della propria sopravvivenza.
Tuttavia, asciugata la figura del Cid di ogni orpello retorico e “mitologico”, restano ben in evidenza i valori e le virtù proprie del personaggio. Valori e virtù che gli sono proprî, e che egli esige dai suoi uomini. Qualità come coraggio, lealtà, generosità, fedeltà alla parola data, forza fisica ma soprattutto morale, pazienza, onore. Valga un solo esempio: Ruy Diaz è un mercenario che si presta a mettere la sua spada al servizio del miglior offerente; ma che si rifiuta, in quanto castigliano, di combattere contro il suo re che pure, per vendetta lo ha esiliato ingiustamente. Anzi, riserva un quinto del bottino al suo re che pure lo disprezza e che lo considera un nemico.
Si tratta di pregi che oggi sembrano un retaggio di tempi lontani, ma che se si riconoscono in un personaggio, letterario o meno, sono ancora capaci di farci fremere, di commuoverci, di spingerci all’emulazione. Perché sono quelle virtù che, dentro di noi, riconosciamo come autentiche, vere, degne di essere coltivate e perseguite. Roba che la morale piccolo borghese ha cercato di cancellare ma che sappiamo che cova sotto la cenere dentro ognuno di noi.