Nel profluvio incontrollabile di coccodrilli, che stanno proliferando su qualunque canale mediatico, cercare di dire qualche parola su Silvio Berlusconi che abbia un minimo di significato e di originalità è una missione assolutamente impossibile. La banalità e la ripetizione sono inevitabili di fronte alla scomparsa di un uomo che ha segnato in maniera così fondamentale la storia italiana recente. Pertanto diciamo solo una cosa che è comunque meglio ripetere, proprio perché rischierebbe di essere sommersa dalle mille dichiarazioni e dai 100.000 commenti di vario genere che stanno uscendo in queste ore e cioè che senza Silvio Berlusconi la democrazia italiana non sarebbe una democrazia compiuta.
Intendiamoci, la nostra è una democrazia altamente imperfetta e deficitaria ma è compiuta perché si consente anche a persone di destra, che compiono i loro percorsi politici in un solco tracciato tanti decenni fa sulle ceneri del Fascismo, di svolgere una attività politica che non sia finalizzata alla memera preservazione culturale di taluni contenuti, così come era stato fino ai primi anni ’90, ma di candidarsi al governo locale e nazionale del paese con chance di Vittoria analoghe a quelle delle altre formazioni e coalizioni.
Una rivoluzione di portata tale che oggi la destra è parte della maggioranza che governa al paese: non per la prima volta ma per la prima volta esprimendo anche il leader. La rilevanza di questa rivoluzione che Silvio Berlusconi ha introdotto nel nostro paese, a partire dall’endorsement pronunciato a favore di Gianfranco Fini quale candidato sindaco di Roma, è pienamente comprensibile soltanto da coloro che hanno conosciuto a fondo il periodo precedente, nel quale la destra viveva in quello che non a caso si chiamava “ghetto”. Di questa evoluzione demografica va reso merito a Berlusconi oggi, in occasione della sua morte. E sempre in futuro, qualunque giudizio se ne abbia, qualunque colpa gli si possa o voglia rimproverare, questo merito è comunque sovrastante.