Dove sono finiti tutti coloro che proclamavano: “Nulla sarà come prima”? Tutti i progetti sul cambiamento epocale provocato dalla pessima gestione della pandemia? Non sono trascorsi secoli da quando imprenditori privati e dirigenti pubblici assicuravano che il lavoro agile, lo smartworking, sarebbe diventato il modello abituale perché garantiva sicurezza, risparmi, efficienza.

Invece pare che tutto sia già stato dimenticato, cancellato. L’assessore regionale piemontese al Personale, Marco Gabusi, assicura che in autunno lo smartworking, se proprio deve rimanere, rappresenterà una quota residuale del lavoro nel settore pubblico. Perché i bar ed i ristoranti devono vivere con i soldi dei dipendenti pubblici. Ci sarebbe quel piccolo particolare dei trasporti pubblici che non rispettano la benché minima norma di sicurezza, perennemente sovraffollati e non solo nelle ore di punta. Ma Gabusi, che è anche assessore ai Trasporti, si preoccupa non dell’affollamento ma del rischio che bus e treni viaggino vuoti quando (quando?) il servizio sarà potenziato.
Per il momento il rischio del deserto sui mezzi pubblici non si scorge neppure lontanamente. Ma si vede benissimo il tentativo di riportare tutto alla situazione precedente. Cancellate tutte le proposte innovative, spediti in soffitta i progetti sulla “città in 15 minuti” con la valorizzazione di quartieri, circoscrizioni, rioni. Confinate in cantina le idee sul lavoro da svolgere nei borghi, al mare, in montagna grazie ai collegamenti in rete sempre più efficienti.

Da un lato il libro dei sogni di Sua Divinità, dall’altra il dato di realtà degli assessori locali che lottano contro qualsiasi novità perché si illudono che il loro bacino elettorale sia rappresentato da baristi e ristoratori che votano per gli avversari. Ma non è solo un problema politico. Ieri su Electomagazine è stato pubblicato il risultato di un sondaggio condotto da Anfia tra i suoi associati del comparto automotive. Ed è emerso che tutti sono consapevoli della necessità di un cambiamento ma più dei due terzi non investe per affrontarlo.
Questa è la vera Italia, al di là della retorica sui capitani coraggiosi e sulle nuove dinamiche della pubblica amministrazione. Perché mai rischiare di cambiare, affinché tutto resti come prima, quando si può tranquillamente ignorare il mondo esterno e proseguire nel cammino regolare verso il baratro?