Grand Hotel Torino: candidato che va, candidato che viene. Saracco è andato (dal centrosinistra) e Mino Giachino è venuto (nel centrodestra, anche se non in quello ufficiale). Deluso dai comportamenti di Forza Italia, o almeno dei suoi vertici locali, l’ex sottosegretario berlusconiano di rito lettiano (Gianni, ovviamente, non Enrico) si è fatto un partito tutto suo, “Sì Tav, Sì lavoro”, che va comunque ad inserirsi in quell’area che non ama il Pd e non sopporta i pentastellati. E non soltanto per la vicenda Tav.
In fondo Mino, che ha iniziato la sua carriera politica a fianco di Carlo Donat Cattin, rappresenta ancora quegli ideali iniziali di Forza Italia. Che non erano proprio quelli di Donat Cattin, esponente di punta della sinistra democristiana, ma todo cambia. O todo depende, come ama citare proprio Giachino.
Nel centrodestra sono convinti che la creazione del partito e l’annuncio della candidatura a sindaco servano, in realtà, a Giachino per andare a trattare da posizioni di forza per ottenere qualcosa in cambio. Un po’ come Sgarbi che, generalmente, presenta la sua lista e poi la ritira in cambio di una candidatura blindata per il parlamento. Mino assicura che non sarà così. D’altronde proprio la lista che si richiama a Sgarbi, Rinascimento, ad Aosta non si è ritirata ed ha sbaragliato tutte le formazioni del centrodestra, arrivando al ballottaggio contro le sinistre.
Giachino non si illude di ottenere un simile risultato. Però già si accontenterebbe di far convergere il centrodestra sul proprio programma basato sulla realizzazione delle grandi opere (non solo Tav ma anche linea 2 del metrò), sul rilancio della manifattura, sulla trasformazione di Torino in una città in grado di attrarre investimenti, professionalità, giovani preparati.