Me l’ero ripromesso.
Non sarei mai più ritornata nella mia spiaggia libera il 14 di agosto dopo l’esperienza dello scorso anno.
E invece sono qui. Un anno dopo. Stessa spiaggia stesso mare.
Nel mio solito posticino dietro al palo che segna l’equidistanza che va rispettata tra le buche.
Ore 9,30. Sono già a buon punto i lavori di scavo per i falò.
In regola il mantenimento delle distanze.
Assiduo l’andirivieni di carriole di legna.
Discorsi da Raga sulla parità di genere, in quanto le ragazze, decisamente in maggioranza, lavorano di più.
Ore 11,30. Gira notizia dell’arrivo dei Carabinieri e della Forestale.
La legna viene lanciata dietro la duna e serpeggia la paura di essere segnalati.
La coesione di gruppo resiste tranne qualche alzata di scudi del capetto/a di turno.
Si prepara la risposta alle eventuali domande.
Se mi chiedono di chi è la legna rispondo che era già lì.
E se mi chiedono come mai avete una carriola? Se avete scavato tutto questo con le mani?
Ore 12,00. Gira voce che le forze dell’Ordine se ne sono andate, ma che torneranno nel pomeriggio.
Decido di farmi un bagno.
Dal mare la prospettiva è del tutto diversa. Tutto appare lontano.
Rinuncio allo stile libero per non immergere la testa con gli occhiali da sole.
Spingo a lungo le mani nell’acqua con le gambe che disegnano l’armonico movimento della rana e questo mi basta ad allontanarmi e a sentirmi in sintonia con l’Universo.
Ho capito il messaggio.
L’anno prossimo mi attrezzerò per passare il 14 agosto in barchetta.
Ore 12,30 l’Arma passa davvero.
Il messaggio è chiaro. Coprire i buchi e niente fuoco per il rischio di incendi.
Nel pomeriggio ripasseranno a controllare.
La coesione di gruppo si sfalda.
I maschi si sono volatilizzati e sono rimaste solo due ragazzine.
“Potremo stare sedute al buio”.
Di lontano: “Evviva a chi è arrivato alle 6,30 e gioia per gli amici che ci siamo fatti nel viaggio”
“Per l’esperienza!”
“Per ogni nostra palata di sabbia”.
E richiudono.
Mi fanno tenerezza.
Quest’anno sono più filosofi e non hanno ancora litigato.
E anche musicisti. Canticchiano l’aria sulla quarta corda in omaggio a Piero Angela.
In queste situazioni ho l’impressione di esserci riuscita nell’esercizio che faccio sin da piccola di cercare di essere invisibile.
Praticamente non esisto.
Nel primo pomeriggio a parte qualche turno di guardia rimangono in pochi, solo qualche parola, qualche risatina allegra sovrastata dal canto delle onde.
E per la prima volta, io che sono distante in ultima fila, ho difronte la vista completa del mare.
Al cinema quello alto si siede sempre davanti a me e in spiaggia immancabilmente una intera famiglia si piazza a coprirmi la visuale.
Anche quando è ora di un nuovo bagno il surfista che volteggia di lontano e un grosso pesce che esce pirotecnicamente dall’acqua per salutarmi e si rituffa sembrano volermi stupire.
Lui, il pesce, è l’unico a vedermi. Ne sono sicura.
Ore 16,00. Arriva la chitarra e una voce canta “Vesuvio erutta, tutta Napoli è distrutta” e io che speravo in “I’m easy” di Carradine…
Quando arriva il pallone sono io a scegliere di uscire dalla invisibilità.
Lo prendo mentre sorridendo esclamo “Mi serviva proprio un pallone!” e il ragazzo scherzando risponde “Al ladro”.
Ormai sono allo scoperto, mi sono divertita abbastanza ed è tempo di andare non senza passare a salutare la mia coppia preferita, versione attuale di Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, che mi regala uno show all’altezza e mi riporta alla mia generazione.
Al mattino ritorno.
La festa è finita, gli amici sono andati.
La rena è perfettamente levigata. Sono passati presto i trattori.
Nessuna traccia di fuochi.
Ma nell’aria comunque si respira lo strascico di una atmosfera di giovane festa al buio.
Un augurio, di cuore, con Zucchero a questa gioventù:
“Gioia nel mondo e a te dovunque sei
Che accendi spirito nel buio
Senti il tuo cuore adesso è sulle cime
E accende spirito nel buio “