Ho un problema.
Vorrei raccontarvi una storia di cui so pochissimo.
È una storia molto breve, come molto breve è stata la vita della protagonista.
Anche di lei so pochissimo, praticamente nulla.
So che si chiamava Masha Amini e che aveva 22 anni quando è morta.
So che viveva in Iran, un paese dove esiste la polizia morale.
So che un giorno Masha è stata presa in custodia da quella polizia perché colpevole di non aver indossato correttamente lo hijab.
Non so che cosa le sia successo tra le mura del commissariato.
La polizia sostiene abbia avuto un infarto, i genitori che sia stata picchiata a morte.
So che non è più uscita viva da lì.
So che la gente in Iran a questo punto è scesa in piazza.
So che le manifestazioni sono state brutalmente represse dalle forze di sicurezza.
Non so quanti morti ci siano stati tra i manifestanti, anche se fonti ANSA parlano di almeno 31 vittime.
So veramente troppo poco di questa storia, ma sento comunque il bisogno di parlarne.
Allora ho pensato che questa storia, non solo quella di Masha, ma un po’ quella di tutte le donne e le bambine che vivono private dei più basilari diritti umani, poteva raccontarvela una di loro.
Quando aveva solo 19 anni Hana Makhmalbaf, giovanissima regista iraniana, ha girato un piccolo film.
La protagonista, Nikbakht Noruz, era ancora più giovane di lei, aveva solo sei anni.
Il film in Italia è uscito nel 2007 con il titolo di “Sotto le rovine del Buddha”.
Io l’ho trovato intensamente poetico e molto commovente.
Tutto il film è visto con gli occhi, e l’intrepido cuore, della piccolissima donna protagonista.
Siamo in Afghanistan, tra le rovine di quei Buddha di pietra che i talebani hanno appena fatto saltare con gli esplosivi, e la piccola Bakhtay ha deciso che vuole imparare a leggere.
Lei è veramente molto determinata, ma il mondo in cui vive non è mai dalla sua parte.
Vuole imparare a leggere perché le piacciono le storie. Per imparare a leggere bisogna andare a scuola.
Per andare a scuola servono un quaderno e una penna.
Lei ha appena sei anni. Tra i monti dell’Afganistan chiama la mamma.
La mamma non si trova, ma lei non si fa scoraggiare.
Comincia così un viaggio che, con gli occhi di una bambina di sei anni, ci racconta il contesto, ci fa provare la condizione in cui si trova chi è costretto a vivere in una società permeata dal fondamentalismo religioso.
L’assurdità e l’ingiustizia di questo tipo di società vengono amplificate e messe a nudo proprio dall’approccio spontaneo di una bambina di sei anni che vuole solo imparare a leggere.
Per vederlo è veramente difficile che lo troviate programmato al cinema. Potete acquistarlo on line
oppure cercarlo semplicemente su YouTube, c’è in visione gratuita con i sottotitoli in italiano.
Non vi consiglio di vederlo solo perché è un bel film.
Vi consiglio di vederlo anche perché potrebbe aiutarvi a capire qualcosa di più di tutta questa storia.
La storia di Masha, della piccola Bakhtay e di tutte le bambine e le donne che vivono nella stessa inaccettabile condizione.
O almeno lo spero.
Buona visione.