“Gli americani continuano ad avere visioni appassionate e ampiamente divergenti sull’aborto e i diversi Stati hanno agito di conseguenza. La Corte ritiene che le sentenze Roe e Casey devono essere rigettate. La Costituzione non fa alcun riferimento all’aborto e un tale diritto non è implicitamente protetto dalla Costituzione, neanche dalla Due Process Clause del 14esimo emendamento”, con queste poche parole la Corte Suprema americana ha rovesciato la sentenza Roe vs Wade che stabiliva il diritto all’aborto a livello federale.
Questa “storica” sentenza quindi ha restituito ai singoli Stati americani il diritto di legiferare sul tema dell’aborto come ritengono opportuno.
Un cambio di rotta drammatico che, dopo 50 anni, porta l’America in una situazione di terremoto sociale e le manifestazioni di questi giorni ne sono la prova più evidente.
Dopo la sentenza in questione, infatti, gli Stati Uniti sono molto meno “uniti”: gli stati repubblicani, Texas in testa, sono pronti a vietare o comunque restringere duramente la pratica; gli stati democratici, invece, pronti a proteggere con leggi ad hoc il diritto di aborto.
Il Presidente Biden subito dopo la sentenza ha affermato: “Oggi è un giorno triste per la Corte suprema e per il Paese. La Corte suprema Usa ha portato via un diritto costituzionale. Ribaltare la sentenza è un tragico errore, frutto di una “ideologia estrema” dominante nella Corte suprema Usa. Ora purtroppo sono a rischio la salute e la vite delle donne nel Paese!”.
Kathy Hochul e Eric Adams, rispettivamente governatrice e sindaco di New York, immediatamente dopo la lettura della sentenza, hanno dichiarato che: “L’accesso all’aborto è un fondamentale diritto umano e resta sicuro, accessibile e legale a New York. A coloro che vogliono un aborto nel Paese, sappiate che qui siete le benvenute. Faremo ogni sforzo per assicurare che i servivi riproduttivi restino disponibili e accessibili per voi”.
Non solo la grande mela si è esposta fortemente contro la clamorosa sentenza ma anche i governatori di Oregon, California e Washington i quali hanno annunciato una strategia comune e trasversale multi stato per difendere il diritto all’aborto, l’accesso alla sanità riproduttiva (compresi i sistemi contraccettivi) e la protezione di pazienti e medici contro gli sforzi di Stati che invece vogliono ritornare a 50 anni fa.
Se da una parte la società americana manifesta e progetta strategie di difesa dall’altra vi sono Stati, politici e importanti fette della società (principalmente del Sud) che gridano alla vittoria.
L’ex presidente Donald Trump ad un comizio in Illinois afferma: “La Corte Suprema ha dichiarato la vittoria della Costituzione, la vittoria dello stato di diritto, ma soprattutto la vittoria della vita. Con il coraggio della Corte Suprema, questa questione divisiva sarà decisa dai singoli stati e dal popolo americano, quindi avrebbe dovuto essere fatto molto tempo fa. Gli Stati Uniti sono un “Paese in declino” che l’amministrazione Biden ha trasformato in uno “zimbello. Questo non è più un grande Paese, è un Paese in declino. Odio dirvelo”.
In aderenza a quanto dichiarato dal repubblicano Trump si aggiungono le “durissime” parole dell’italo americano giudice della Suprema Corte Samuel Alito il quale afferma: “Il diritto all’aborto non può essere assimilato a nessun altro diritto perché distrugge ciò che Roe e Casey chiamano “vita fetale” e ciò che la legge oggi descrive come un “essere umano non nato”. La Roe era vergognosamente sbagliata fin dal principio. Le sue basi sono incredibilmente deboli e la decisione ha avuto conseguenze dannose. È giunto il tempo di rispettare la Costituzione e di restituire il tema dell’aborto ai rappresentanti eletti dal popolo” e ancora “l’aborto è una grave questione morale e non un diritto costituzionale!”.
Quello che è vero, a prescindere dalle posizioni ideologiche, è che l’America sul tema sia spaccata in due.
Secondo l’annuale sondaggio di Marist Poll il 55 per cento degli americani si definisce pro choice e il 40 pro life e solo il 17 per cento ritiene che l’aborto dovrebbe essere accessibile a una donna in ogni momento della gravidanza.
Al netto della propria personale idea etico/sociale, ciò che si può tranquillamente affermare è che Trump sia il vero artefice politico di questo dilaniante terremoto sociale.
Già, Trump non è più Presidente degli Stati Uniti ma la Suprema Corte, ad oggi, presenta una maggioranza conservatrice, maggioranza che proprio il vecchio Presidente ha voluto e nominato.
La decisione sull’aborto è stata infatti presa da una Corte divisa, con 6 voti a favore e 3 contrari e determinanti sono stati proprio i giudici filo Trump ossia Samuel Alito, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh, Amy Coney Barrett.
Oltre a questi giudici lo stratega vero è stato Clarence Thomas il quale ha svolto un ruolo determinante in questa decisione togliendo ogni margine di manovra e di mediazione al presidente della Corte John Roberts che, pur votando con la maggioranza, ha diffuso una sua opinione con molti distinguo.
La guerra politica non si fa nel Congresso ma nei Tribunali e nella Corte Suprema e questo Trump lo sa benissimo e infatti così ha fatto e continuerà a fare.
Il Giudice Clarence Thomas, infatti, ha già dichiarato che la stessa ratio della recente sentenza sull’aborto dovrà essere applicata per rovesciare la contraccezione e il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Una chiara esplicitazione della direzione che la Corte Suprema ha iniziato a percorrere.
La circostanza bizzarra risiede però nel fatto che colui che oggi “combatte” i diritti da vero sobillatore dell’ideologia Trumpiana all’interno della Suprema Corte sia stato voluto proprio da Biden che, quando la sua nomina incontrò alcune opposizioni, lo vendette come l’esempio di un uomo di colore di umili origini che si era fatto da solo.
Eppure il ruolo di Thomas, in aderenza al percorso della moglie Virginia – attivista pro Trump – è diventato sempre più forte, radicato, spregiudicato e pericoloso. Negli anni e principalmente dopo l’elezione di Biden ha tolto sempre più potere al Presidente della Corte John Roberts e ha iniziato a sfidare, a colpi di sentenza, la volontà della maggioranza del Paese in modo terrificante.
Si pensi che nel bel mezzo di un’epidemia di sparatorie di massa, con il Congresso che ha finalmente ottenuto una lieve vittoria sul controllo delle armi, Thomas ha aperto la porta a un maggior numero di armi in circolazione e ancora in un’altra sentenza della scorsa settimana, i giudici hanno intaccato la separazione tra Stato e Chiesa sancita dal Primo emendamento, un fondamento della Repubblica. E ora, così come dichiarato da Thomas, si occuperanno di eliminare le protezioni ambientali e di ridurre la capacità del governo di regolamentare e limitare i diritti delle imprese.
Se non è possibile cambiare il Paese con le leggi partendo dal Congresso allora lo si può sgretolare dall’interno grazie a pronunce giudiziali che non necessitano dell’approvazione popolare.
Regnat populus recitavano i latini. Chissà se gli americani potranno dirlo ancora.