Dunque. Sono lì che leggo. Tranquillo. È sera. E fuori è silenzio. Non che sia davvero tardi, ma… Sono trascorse ormai le dieci, e tutti, me compreso, ci siamo rintanati come sorci nelle nostre tane. Ma il paragone è ingiusto. Verso i sorci.
Comunque sono lì, che leggo. E dalla finestra entrano i profumi di un Maggio ancora tardivo. Una brezza tutto sommato fredda, più che fresca…
“Scusa Papi…” e ti pareva, mio figlio… sempre così…abbasso il libro e tolgo gli occhiali.
Dimmi
“Volevo raccontarti una cosa, ma… – ha l’aria incerta. Come se si vergognasse di parlare – ma non so se faccio bene, ecco…”
Hai combinato qualche guaio a scuola?
Mi guarda imbronciato.
“No, papi. No…non datemi sempre la colpa di tutto…”
Bastava un no. Ti credo. E allora, qual è il problema?
Si rasserena. Sorride, cosa rara.
“Ecco, è che se ti racconto una cosa, dove io non c’entro, non è che… faccio la spia? Riguarda due miei amici…”
Capito. Per lui raccontare agli adulti qualcosa accaduto fra ragazzi, è ingiusto. Sarebbe come un tradimento. Mi ricorda… E sorrido anch’io.
No. Non è fare una spiata. Perché io non sono un vostro professore. Sono solo il tuo papà. E non dirò niente a nessuno.
Ci pensa un po’. Poi…
“Allora, oggi all’uscita è successo che Ale e Luca hanno cominciato a litigare. Di brutto. E Luca, che è il più grosso, ha dato un pugno ad Ale. Ma questo gli è andato addosso, gli ha tirato un calcio e, con uno spintone, lo ha fatto cadere…”
Si è fatto male?
“No, papi. Niente. Si è fatto più male Ale che ha un labbro rotto. Ma non è questo il problema…”
Bene. E qual è allora? Tra ragazzi succede. E poi i due non erano amici?
“Sì, molto”
E continueranno ad esserlo vedrai. Tra i maschi è sempre così. E poi, anche tu con Ale, ad inizio anno vi siete picchiati. E ora lui è sempre qui. E siete molto amici…
“Sì, papi… Però quando ci siamo menati, tu e il papà di Ale non avete fatto drammi. Non vi siete messi in mezzo… Questa volta, invece, è arrivata la mamma di Luca. E ha tirato su un casino…”
Un casino? E come?
“Sì. Ha chiamato il papà di Ale. E i prof. E anche la Preside. E ha detto che è colpa di Ale che è violento, aggressivo. E altre mamme stanno con lei… Insomma, vogliono mandare via Ale dalla scuola, il prossimo anno… perché dicono che disturba. Che è violento. E cattivo… Ma non è vero. E non è giusto. Io c’ero. E ho visto. Non è stato Ale a cominciare – alza la testa ed è arrabbiato – è stato Luca”.
Ci risiamo. I genitori. L’atteggiamento dei genitori, padri e madri è, quantomeno, schizofrenico. Bipolare. Si disinteressano, per lo più, dei figli, troppo presi dai loro, spesso miseri, scampoli di esistenza. Li abbandonano alle nuove baby sitter virtuali. Smartphone, tablet… Videogames, Playstation…. La socialità dei ragazzi, così, si viene alienando. Vivono in una bolla di solitudine. Che la recente bolla pandemica ha solo portato al parossismo.
E così i ragazzini hanno sempre meno relazioni vive coi coetanei. E scoprono persino la sessualità nella dimensione, alterata, del virtuale. Che può indurre…. turbe di non poco conto…
Oh, certo… Anche la mia generazione cercava di scoprire il sesso con ausili artificiali… Ma i calendarietti profumati, con disegni di ragazze discinte, o il leggendario ABC – diretto, per altro, anche dal famoso Ruggero Orlando – sul tavolino del barbiere, ti facevano fantasticare. In qualche modo, ancorché rozzo, stimolavano l’immaginazione. Non ti drogavano, passivo, di immagini stereotipe… ma lasciamo perdere. Non è questo il tema. Oggi.
L’altro polo della schizofrenia genitoriale è l’iperprotettivtà. Ovvero, se ne fregano dei figli, non li proteggono dai pericoli reali, non cercano di insegnare loro a vivere, ma, guai a chi li tocca. Se appena tra compagni scatta un litigio, entrano in scena madri trasformate in tigri, padri assetati di sangue, manco fossero nipoti di Dracula. Esposti. Minacce di denunce. Guai a chi tocca il mio, prezioso, bimbo! Il mio bambolotto di porcellana!
Perché questo, alla fine, i bambini e ragazzi sono diventati. Statuine di porcellana. Fragili. Preziose. Inconsistenti.
Allora tu, dirà qualcuno, vorresti che i ragazzi si picchiassero senza freni. Sei per i bulli. Bel padre. E bell’educatore.
Chiariamo una cosa. I bulli, oggi, proliferano perché vi sono troppi pupazzetti di porcellana. Che subiscono, frignano, e non reagiscono. Una volta, certo, vi erano i prepotenti. Ma trovavano terreno meno fertile. Io, ad esempio, ero un bambino cicciottello e imbranato. Mi prendevano in giro. Mi rubavano il berretto… Cose così, come usava. Poi, una volta, arrivarono in tre a sputarmi addosso. Per sfregio. E io presi la mazza da baseball – fortunatamente di plastica – con cui stavamo giocando. E li coprii tutti e tre di mazzate. Nessun genitore intervenne. E noi quattro diventammo amici.
Il fatto è che i lupacchiotti, in natura, imparano, lottando fra loro, le dure leggi della sopravvivenza. E questo non crea problemi al branco. Anzi, rinsalda i legami di solidarietà. E lo rende più forte…
Ma noi non siamo animali. Dirà qualche anima bella. Noi siamo civili…
A parte che su questo concetto di “civiltà” della paura ci sarebbe molto da dire, andate a leggervi Darwin. Che avrà pure fatto i suoi errori, ma che alcune cose le spiega bene.
E poi credete che il mondo sia tutto così? Sospeso in una bolla di terrori e tremori? Questi ragazzi, presto, dovranno confrontarsi con i loro coetanei asiatici, arabi, africani… Abituati a lottare per sopravvivere. E non ci saranno più le mammine distratte e protettive dalle quali andare a frignare . E saranno soli. Mentre gli altri sono branco…
Mio figlio mi guarda. Sta aspettando.
Gli accarezzo i capelli.
Parlo io con il papà di Ale. E tu non avere timore. Parla con la prof. È giusto. Non è fare la spia.
Mi sorride felice.