STEVE LACY – GEMINI RIGHTS
Chitarrista, autore, producer, cantante: questo il pedigree artistico di Steve Lacy, giovanissimo (classe 1998) ed ennesimo comptoniano illustre nel panorama musicale americano (in compagnia, per citarne tre a caso dalla nutrita rosa “di quartiere”, di SchoolboyQ, Kendrick Lamar e Dr. Dre).
Oltre ad aver prodotto o partecipato alla produzione di musica per artisti e gruppi come GoldLink, The Internet, Denzel Curry, Fousheé, Solange, lo stesso Kendrick Lamar, Mac Miller e molti altri Lacy, dal 2015, è stato molto prolifico anche come artista solista.
Nel suo terzo album, l’artista della Costa Ovest ricostruisce da diverse prospettive l’amore deluso, non corrisposto, che diventa odio e poi ritorna ad essere amore, anche se disilluso e destinato a non essere mai soddisfatto.
Le dieci tracce di “Gemini Rights” propongono, ognuna in una chiave diversa, sia dal punto di vista musicale che contenutistico, il lamento e la condizione di ebbrezza propria di chi si ritrova innamorato di qualcuno che non ricambia, che non è coinvolto con la stessa intensità nella nuvola di passione nella quale il ventiquattrenne di Compton, invece, è immerso fino al collo.
In “Mercury” traccia un autoritratto nel quale rende la sua confusione, il suo oscillare tra il piacere e il rimpianto dell’interruzione della storia d’amore protagonista dell’album, mentre in “Buttons” è l’orgoglio ferito a parlare, quello di chi è stato “portato in giro come un cane” dopo essersi esposto sentimentalmente e poi abbandonato a sé stesso.
La tensione tra amore e odio è costante, come quella tra rancore e dolcezza, attrazione erotica e delusione.
L’amore diventa un inganno che, forse, raggiungere o mitizzare non è così auspicabile (“This, this, this is love, I finally found it, haha”) e che, in fondo, lascia con un senso di colpa, probabilmente in primis verso sé stessi, per come sono andate le cose. Questa sensazione è resa magistralmente nel pezzo di chiusura dell’album, “I’ll give you the world”. Il tema del disco, nonostante sia trattato con l’ardore tipico dei giovani o giovanissimi, esprime la maturità emotiva, oltre che musicale, dell’artista.
Rispetto al precedente album, “Apollo XXI”, le collaborazioni sono aumentate (elevatissimo il numero di autori, produttori e musicisti avvicendatisi sotto la sapiente guida di Lacy) e il suono, complessivamente inteso, è forse più vicino al pop. Il progetto mantiene, però, in continuità con il precedente del 2019, un carattere sperimentale, sicuramente per la varietà di generi che si intersecano tra le tracce.
Pur in continuità con “Apollo XXI”, che rimane il manifesto dell’artista, i suoni di “Gemini Rights” sono più curati e meno seminali, il che è forse anche dovuto all’evoluzione tecnica dei mezzi di realizzazione dell’album, registrato in uno studio vero e proprio, differentemente da “Steve Lacy’s Demo” e dal disco del 2019, per cui invece sono stati usati rispettivamente l’IPhone dell’artista e il suo laptop.
La leggera incursione nel mondo del pop di “Gemini Rights” rende l’album di sicuro più “fruibile” ma, comunque, di una profondità e sfaccettatura musicale difficili a trovarsi nei paraggi del mainstream, cui questo album strizza l’occhio, senza però perdere identità. Da considerarsi di sicuro uno degli LP dell’anno: stupefacente per un artista così giovane.