103 crimini, morti, feriti, corruzione e violenza, terrore e spregiudicatezza. Tra il 1987 e il 1994 l’organizzazione criminale della banda della Uno bianca si rende protagonista di uno dei casi di cronaca più cruenti della nostra storia. Le personalità dei fratelli Savi danno il via a questa serie di eventi criminali. Due poliziotti, Roberto e Alberto, e Fabio, un carrozziere. Presto però la banda si allarga. Accoglie altre tre figure di spicco dell’ambiente delle forze dell’ordine, i tre poliziotti Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli.

Da Fiat Regata a Uno bianca
In un primo momento le rapine si orientano esclusivamente ai caselli autostradali lungo l’Autostrada A14 a cavallo della Fiat Regata di Alberto Savi munita di targa falsa. Ben presto però il giro si espande. Infatti a seguito di una truffa subita da Fabio da parte di un rivenditore di auto, i fratelli danno il via ad un’estorsione nei confronti di Savino Grossi.
Quest’ultimo, d’accordo con la polizia, sta al gioco e segue le indicazioni per la consegna dei soldi richiesti, che avrebbe dovuto lasciare in un cestino a un cavalcavia dell’autostrada. Accompagnato da agenti in borghese. Al momento della consegna del denaro però, non fanno in tempo a sparare che subiscono l’attacco della banda della Uno bianca. La beretta AR 70 di Roberto Savi ferisce a morte il sovrintendente Antonio Mosca, lasciando in vita Ada di Campi e l’ispettore Baglioni.

Gugliotta, Occhipinti e Vallicelli nella banda della Uno bianca
A bordo della Uno bianca, macchina molto diffusa all’epoca, dunque utile per non farsi riconoscere, arrivano anche i poliziotti Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli. L’obiettivo non sono più i caselli autostradali, ma i supermercati. Le rapine spesso molto cruente portano alla morte di altre 5 persone: due carabinieri, due guardie giurate e un passante che si trovava al posto sbagliato nel momento sbagliato.
Addirittura si dice che la banda avesse cominciato a sparare anche alle persone che si affacciavano dai balconi per guardare. A un certo punto la procura annuncia di aver preso la Banda della uno bianca identificata in un gruppo di criminali catanesi, che sarebbero arrivati da Catania a Bologna per svolgere rapine e omicidi.
La strage del Pilastro
Per dimostrare la loro forza e il loro potere, i componenti di questa organizzazione criminale cominciano ad attaccare anche piccoli negozi, tabacchi e possibili testimoni oculari. Più aggressioni a sfondo razzista. In comune a tutte queste azioni, oltre che la banda della Uno bianca, c’è il fucile citato in precedenza, munito di un raccogli bossoli per non lasciare nessuna traccia.

E il 4 gennaio 1991 avviene l’uccisione di tre giovani carabinieri nel quartiere del Pilastro a Bologna. Andrea Moneta, Otello Stefanini e Mauro Mitilini muoiono sotto la pioggia di proiettili della banda della Uno bianca. Dopo diverse ricerche e la testimonianza di Simonetta Bersani, vengono incriminati i due fratelli Santagata e il camorrista Marco Medda. E a ciò segue una maxi-operazione con molti arresti sul quartiere del Pilastro definita Quinta mafia per una serie di altri reati sempre connessi alla banda della Uno bianca.
L’identikit di Roberto Savi
Dopo aver scoperto che la polizia era sulle tracce dell’arma, la banda della Uno bianca decide di non usare più armi registrate. Roberto Savi a controllare, e Fabio all’azione, rapinano l’armeria vicino alla Questura, durante la quale vengono uccisi la titolare dell’esercizio, e Pietro Capolungo, carabiniere in pensione.
Durante questo colpo però una signora vede Roberto fuori dal luogo della rapina e ne fa l’identikit ai carabinieri, che però inizialmente sembrano non prendere in considerazione l’ipotesi che Savi possa essere coinvolto. Tuttavia verrà utile in un secondo momento, durante le ricerche avviate nel 1994 alle quali parteciperà anche Luciano Baglioni, l’ispettore che per primo si trovò nella sparatoria dei fratelli Savi.
Le indagini e l’arresto della banda della Uno bianca

Si comincia a sospettare che i componenti della banda della Uno bianca possano far parte delle forze di polizia. Con l’aiuto dell’identikit e anche di un frame delle telecamere di sicurezza dell’armeria in via Volturno, con cui si riesce a scorgere la figura di Fabio Savi, le indagini cominciano a prendere la giusta pista.
A seguito di una serie di rapine in banca, Baglioni e Costanza decidono di appostarsi nei pressi delle banche che la banda non aveva ancora colpito. Durante uno di questi appostamenti scovano Fabio Savi mentre sta facendo un sopralluogo. Seguono la sua Uno bianca e vengono portati proprio alla sua abitazione (anche se questa versione della storia non desta pochi dubbi).
E via via collegando i vari indizi, e anche grazie al contributo della compagna di Fabio Savi, Eva Mikula, si riuscì a smascherare la banda della Uno bianca e ad arrestare i suoi componenti.
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