Dal treno che corre, in una campagna piatta già con i primi segnali di primavera. Pur nel gelo che si avverte nell’aria. Eppure il sole del primo pomeriggio ha ormai una luminescenza più intensa. E scalda di nuovo tepore.
Il treno attraversa la bassa veneta, lasciandosi alle spalle i Colli Eugenei cari al Petrarca. Sulla sinistra la propaggine meridionale della laguna veneziana. Paesaggi più intuiti dalla memoria che realmente intravisti.
Sono sentimenti, emozioni. Non solo luoghi, alberi, colline…
Perché ogni viaggio è, in fondo, un viaggio sentimentale.
Chiaro che il pensiero vada a Yorick. L’alter ego di Sterne nel suo “Sentimental Journey”. Che segna un punto di svolta nel Grand Tour degli aristocratici intellettuali del ‘700. Non più il visitare luoghi, monumenti, animati da instancabile sete del passato. Dalla “curiositas” che animava quello che sarà pur stato, come dice De Sanctis, un secolo leggero. .. ma la cui leggerezza era scintillio di intelligenza e genio. Nulla a che vedere con, l’odierna superficialità, che riesce ad essere, al contempo, effimera e greve.
Comunque, il viaggio di Yorick è diverso. È viaggio non per vedere cose, ma per vedere attraverso le cose. Per vedere se stesso. È una sorta di “Chinesis”, di discesa nelle profondità dell’anima. Ed i paesaggi – che sempre più divengono selvaggi – sono paesaggi dell’anima. Proiettati nel viaggio fisico.
Il Romanticismo è iniziato. Verrà il Viaggio in Italia di Goethe. Che è ricerca e scoperta di sé. E verrà l’inquietudine di Alfieri. Che trova pace solo nelle gelide solitudine dei laghi della Finlandia.
E non a caso uno spirito tormentato come Foscolo, tradusse e commentò il Sentimental Journey. Attribuendo tale fatica a Didimo Chierico. L’ultima incarnazione del poeta di Zante. Un Ortis che ha mancato l’appuntamento con la morte, ed è divenuto ironico e cinico…
Guardo dal finestrino. Ormai il treno ha superato la stazione di Ferrara. Mi vengono in mente ricordi personali. Per lo più abbastanza remoti. Il fratello di mio padre. Mia cugina Elisabetta. Ma come era da ragazza. Anzi, da bambina. Forse perché come lascia intendere il professor Carducci, i campi Elisi della nostra memoria ospitano solo la giovinezza.
E poi la città. Che è una suggestione fatta di immagini, luci, citazioni letterarie… Ed anche sapori. Quel pasticcio di maccheroni in crosta dolce, con l’aroma del tartufo che si fondeva con lo zucchero…
E poi i versi di D’annunzio
“O deserta bellezza di Ferrara /ti loderò come si loda il volto /di colei che sul nostro cuor s’inclina/ per aver pace…”
Ma il treno è già passato oltre. E corre rapido verso Bologna. Dove sprofonda nel Ventre della terra. Per riemergere solo a Firenze. Così non è più un viaggio sentimentale. È una sorta di, allegorica, discesa agli inferi. E in fondo il Carducci, sempre lui, ha proprio cantato il treno nel suo Inno a Satana. Ed era la vecchia locomotiva lenta e sbuffante, non queste frecce della alta velocità…
Perché con i vecchi treni, lenti le lunghe soste in stazione, il viaggio poteva essere ancora un viaggio sentimentale. Mi ricordo le notti trascorse nelle vecchie carrozze di II .. la sosta a Bologna, la stazione vecchia. E il venditore di lasagne calde sul binario. Che divoravamo alle tre di notte…
Svevo riesce ancora a raccontare un “Corto viaggio sentimentale” da Milano a Trieste. Con interminabile sosta nella stazione di Venezia. Uno dei suoi racconti più felici. Rimasto inedito sino a dopo la morte…
Ma oggi? Venezia /Roma in poco più di tre ore. Più della metà in galleria. Non vi è il tempo per un viaggio sentimentale, per quanto, svevianamente corto. E persino le impressioni dalla vaporiera del Carducci, i pioppi di San Guido, l’asino che buca impassibile un cardo… ti vengono ormai sempre più negate.
Diventa una sorta di viaggio nella notte, anche in pieno giorno. Un viaggio nella totale solitudine. Anche se la carrozza è affollata. Ma non si parla fra congiunti , figuriamoci fra estranei. Tutti asseragliati dietro alle mascherine di ordinanza. Tutti a fissare lo smartphone….
Però, a ben pensarci, è questo il nostro Sentimental Journey. Un viaggio nel buio con pochi sprazzi di luce e paesaggi. Ricordi frammentari. Solitudine.
Non è il viaggio di Goethe, certo. Ma è tutto ciò che abbiamo. Ciò che ci resta. Forse, solo il resto di niente.