AstraZeneca sospende tutti i test clinici sul vaccino per il coronavirus che sta sviluppando con l’Università di Oxford dopo che uno dei partecipanti ha accusato una seria potenziale reazione avversa. Lo stop temporaneo consente al colosso farmaceutico di esaminare il caso e rivedere i dati sulla sicurezza. “Il nostro processo standard di revisione dei test ha fatto scattare una pausa”, afferma un portavoce di AstraZeneca che ora ha ripreso i test.
“Si tratta di un’azione di routine che si verifica ogni volta che c’è una potenziale reazione inspiegata in uno dei test” che consente il tempo di “indagare e assicurare allo stesso tempo il mantenimento dell’integrità del processo dei test”, aggiunge AstraZeneca. “Nei test si possono verificare per caso più ampie reazioni ma devono essere valutate indipendemente con attenzione”, aggiunge il colosso farmaceutico, che con l’annuncio della sospensione cala del sei per cento a Wall Street.
Il vaccino di Oxford aveva passato con successo le prime due fasi di trial clinici, in cui era stata controllata la sua sicurezza, ed era entrato da qualche settimana nella fase 3, dedicata invece a studiare la sua efficacia in un ampio campione, con circa 30mila partecipanti tra Stati Uniti, Regno Unito, Brasile e Sud Africa. In questo tipo di studi, visti i grandi numeri, può capitare che compaiano delle malattie senza spiegazione e questi casi devono essere studiati approfonditamente per escludere che si tratti di un effetto collaterale del farmaco. La sospensione potrebbe tardare la messa in commercio del vaccino atteso per novembre 2020.
Sarà una commissione indipendente a valutare l’accaduto, ritardando la diffusione di uno dei progetti più avanzati di vaccino, con quelli delle società Usa Moderna e Pfizer. Questo risulta un grave danno dato che AstraZeneca ha in particolare già ottenuto ordini per centinaia di milioni di dosi in tutto il mondo, un numero superiore rispetto a quelli delle prevendite degli altri vaccini.
Il super esperto americano di malattie infettive Anthony Fauci si dice scettico sulla possibilità che il vaccino al Covid-19 venga indivuduato a breve. “E’ improbabile che avremo una risposta definitiva sulla sicurezza e l’efficacia di una vaccino entro la fine dell’anno”, ha detto intervenendo a un evento online sulla ricerca.
Intanto Silvio Garattini, presidente dell’Istituto ricerche farmacologiche Mario Negri, mostra cauto ottimismo sul vaccino di Oxford, mentre sostiene che quello russo non riuscirà ad oltrepassare i confini nazionali. In un’intervista su Il Fatto Quotidiano afferma: “Questa pandemia non è destinata a sparire rapidamente, sarebbe importante non puntare solo sul vaccino e se avessimo una terapia efficace potremmo sopperire. Intanto il problema dell’antibiotico-resistenza e delle malattie infettive è destinato ad aumentare e la ricerca in Italia è ridotta alla miseria. Circa il 33% dei candidati vaccini passa la fase III e arriva sul mercato, e a questo punto possiamo sperare che più di uno dei 7 candidati più avanzati arriverà alla fine della sperimentazione entro fine anno. Siccome hanno già iniziato a produrre milioni di dosi, se gli studi andranno bene queste saranno presto disponibili. In caso contrario – dice il farmacologo – butteranno tutto. Ma tanto i soldi li hanno messi i governi”.
Per il viceministro della Sanità, Pierpaolo Sileri, serviranno molti mesi ancora per tornare alla normalità assoluta. Ora, dice, è la fase della “convivenza con Covid-19”. Quel che è certo, continua Sileri, è che “serviranno molti mesi e io credo che il prossimo anno staremo ancora proteggendoci. L’abitudine alle protezioni sarà la nuova normalità. Non dimentichiamoci che questo è un virus che colpisce in maniera severa i nostri anziani e coloro che hanno problemi di salute preesistenti ed è loro che dobbiamo difendere per primi”.
La corsa all’antidoto contro il coronavirus continua. Al momento 91 vaccini sono in fase di studi preclinici su animali mentre altri 37 vengono testati sull’uomo, ma di questi solo 9 hanno già raggiunto la fase finale 3 – di inoculazione a migliaia di volontari – e quella successiva di approvazione per un uso limitato. Secondo l’Oms il vaccino contro il coronavirus potrebbe non arrivare a tutti prima del 2022.
Intanto Hong Kong inizierà presto la fase dei test clinici per il primo vaccino in forma di spray nasale contro il Covid-19: lo ha annunciato, dopo il via libera delle autorità cinesi, la Hong Kong University che ha sviluppato la sostanza insieme all’università di Xiamen e all’università di Biologia Farmaceutica Wantai di Pechino.
Il settore dei vaccini e il mondo miliardario del big pharma, capace di decidere la vita o la morte di milioni di persone e di far cadere ministri e governi, tornano così di prepotenza sotto i riflettori. Nonostante tutti gli interventi statali e internazionali per migliorarne la trasparenza, il comparto della produzione dei vaccini, fondamentale per la salute della popolazione mondiale, resta uno dei più opachi dell’industria farmaceutica.
Quello di Oxford e AstraZeneca era il vaccino più avanzato al mondo fra quelli allo studio contro il Covid. L’azienda aveva deciso di affrontare il rischio di avviare la produzione ancora prima della fine dei test, attesa per fine settembre. Senza l’evento avverso e con un’approvazione rapida da parte delle autorità regolatorie, i primi vaccini sarebbero stati pronti a novembre. L’Unione Europea aveva acquistato 300milioni di dosi, estendibili a 400 milioni, entro la primavera del 2021, al prezzo di 2,5 euro l’una. AstraZeneca aveva messo a punto una capacità produttiva di 3 miliardi di dosi in tutto il mondo. Questa agenda subirà necessariamente ritardi, tanto maggiori quanto più lunghi i tempi per determinare la causa dell’evento avverso.