In Lombardia la situazione dei vaccini è diventata insostenibile, dopo i continui malfunzionamenti, del portale di prenotazioni per le vaccinazioni gestito dalla società regionale Aria Spa. Sono proprio i servizi informatici in questi giorni a creare i maggiori grattacapi ai cittadini – si va dagli sms non ricevuti dopo la prenotazione del vaccino anticovid sino agli appuntamenti fissati per i cittadini Over 80 a decine di chilometri di distanza rispetto al loro Comune di residenza. È proprio per questo la Regione Lombardia vorrebbe non puntare più su questo sistema di prenotazioni e virare in maniera decisa su Poste Italiane.
Si correrebbero due pericoli in questo modo: il primo, che non è da sottovalutare, è che per mettere a punto il “metodo Aria” sono stati utilizzati soldi pubblici, che quindi risulterebbero di fatto sprecati, e il secondo è che la prenotazione di appuntamenti di questo genere non rappresenta di certo la specialità di Poste Italiane. Il rischio potrebbe essere quello di far ricadere la Lombardia in un ulteriore caos.

È preoccupante la capacità di tenuta, non solo della Lombardia, ma dei differenti sistemi di prenotazioni regionali, molti dei quali in difficoltà già oggi. Nonostante tutte le criticità, sarebbe opportuno appoggiarsi alla piattaforma nazionale messa a disposizione da Poste e utilizzata al momento da sole sei Regioni. È chiaro, come afferma Gino Strada su La Stampa, che con la pandemia lo Stato avrebbe dovuto riprendere in mano il sistema sanitario. La gestione delle Regioni non ha retto. Ovviamente la Calabria commissariata ormai da un decennio, è una delle ultime Regioni per numero di somministrazioni. Il problema del piano vaccinale calabrese è complesso, vi è una sanità territoriale scadente, hanno chiuso 18 ospedali, le persone non sanno dove andare a farsi curare e vengono spinte verso le strutture private.
Va ripensato il sistema sanitario e va ricostruita l’assistenza pubblica lungamente impoverita e ampiamente depredata. Il coronavirus ci costringe a un esame impietoso dei nostri errori. L’«inadeguatezza» non è solo di Aria, che non riesce nemmeno a organizzare un’agenda delle vaccinazioni, ma è di un’intera politica sanitaria.
Il modello lombardo, un intreccio di cliniche private ben pagate e ospedali pubblici, ha portato a cure di prim’ordine, finché non si è presentata la pandemia – che colpisce le persone indipendentemente dal ceto sociale e non distingue il ricco dal povero – a mostrarne i gravissimi limiti di struttura e strategia. I problemi della Lombardia non sono solo lombardi. Nel senso che in molte Regioni non si è seguito, per inefficienza o per scelta, il criterio di vaccinare innanzitutto le vere fasce a rischio. Sembrerebbe che il commissario Figliuolo abbia deciso di mandare un “inviato” del Governo in ogni Regione, con l’obiettivo di fare rispettare le priorità nella convocazione dei cittadini.

Un’azione rapida per portare ad accelerare con la massima priorità, le vaccinazioni degli over 80 e delle persone fragili, costituendo squadre dedicate per le somministrazioni a domicilio. Bisogna tenere conto che per la limitata disponibilità di dosi, la media delle vaccinazioni giornaliere si attesterà intorno alle 200mila al giorno, meno della metà dell’obiettivo 500mila che dovrebbe essere raggiunto a metà aprile.
In tutta Italia dopo il caso AstraZeneca sono arrivati numeri preoccupanti: a Napoli alla Stazione marittima su 840 cittadini del personale scolastico e universitario, si sono presentati solo 339, il 40,36 per cento.
Appare chiaro che la sanità, specie durante una grave pandemia, non possa essere gestita a livello regionale, deve tornare sotto il controllo statale. Adesso il piano vaccinale si gioca in Europa. Draghi lo sa bene e sta cercando in ogni modo di rafforzare l’asse con Merkel e Macron per spingere la UE a decisioni più celeri e decise sul tema delle vaccinazioni.