La decisione di eliminare, progressivamente, la produzione di motori diesel per le auto non è soltanto un segnale chiaro per il settore dei trasporti
Perché sul fronte dell’energia è in atto un cambiamento epocale, economico ed anche di politica internazionale.
Dunque l’Italia ha ruoli da comprimaria. Il resto del mondo, invece, si muove ed anche tanto
Gli Stati Uniti insistono su trivellazioni ovunque, su shale oil e shale gas, con effetti devastanti sull’ambiente ma è un tema che a loro poco interessa. Interessano, invece, gli effetti che l’aumento della produzione interna provocano sulla propria economia e sulla politica estera. Più energia, a prezzi contenuti, significa maggiore crescita industriale mentre, sul piano internazionale, vuol dire avere una potente arma di ricatto in più. Sia nei confronti del Venezuela, grande nemico americano, sia nel mondo arabo sia nei confronti di Russia e Cina.
Pechino sta investendo molto sulle energie rinnovabili e su quelle meno inquinanti ma ha comunque bisogno di petrolio per sostenere la crescita industriale. Avrà presto auto con soli motori elettrici, ma l’elettricità deve essere prodotta e gli immensi parchi di pale per l’energia eolica non sono sufficienti. Mosca si ritrova con la concorrenza americana anche sul fronte idrocarburi, cioè sulla principale risorsa economica russa che è gravemente in ritardo sull’innovazione tecnologica in troppi settori. Quanto ai Paesi arabi, il petrolio americano può convincere Riad ad accettare le imposizioni di Washington riguardo alle politiche nel Vicino Oriente.
E l’Europa? Non sta a guardare
La Germania rafforza i collegamenti energetici con la Russia, riduce il peso delle centrali nucleari e recupera il carbone pur insistendo sulle rinnovabili. E anche la Francia non punta più sul nucleare, cercando soluzioni alternative. In Italia, invece, si litiga persino sugli 8 km di tubi del Tap che porteranno in Puglia il gas azero. Destinato anche a rifornire i Balcani, in concorrenza con gli Usa che vorrebbero vendere sulle coste adriatiche il petrolio ed il gas trasportato via nave.
Resta il problema dei prezzi
Gli Usa puntano su prezzi bassi del petrolio per ricattare Russia e Paesi del Golfo, ma scendere sotto i 60 dollari a barile vorrebbe dire mandare in crisi i produttori americani. E prezzi bassi significa una riduzione consistente degli investimenti, anche in Europa, dei Paesi produttori.
Ma restano anche altre opzioni sul tavolo, illustrate dal Cnr in un recente convegno
Da un nuovo tipo di energia nucleare pulita a immense risorse energetiche sottomarine. Senza dimenticare le infinite opportunità di energia solare nel Sahara. In teoria ci sarebbe grande spazio per un ruolo strategico dell’Italia. Quell’Italia che, però, non ha fiatato quando una nave di un gruppo italiano impegnata nell’esplorazione di un giacimento di gas al largo di Cipro è stata minacciata e cacciata dalla Marina militare turca.