“Papà, cos’è questo rumore?” mio figlio, che dormiva profondamente, è ora sveglio. E mi sta fissando. Accigliato, come al solito. Io non ho sonno questa sera. E sono in salotto a leggere.
Non ti preoccupare. È solo un tuono. Sta venendo giù una tempesta. Torna a dormire.
Si avvia, come in stato sonnambolico. Poi, però, si gira, e…
“OK. Però è strano. Non era uno dei soliti tuoni. Era più… Profondo. E sembrava come una musica…” e se ne torna, tranquillo, a letto.
Resto in silenzio. Non leggo più. La fioca luce della lampada illumina il movimento rapido e sinuoso di uno dei gatti.
Non era il solito tuono…come una musica. Una musica nella tempesta. O, forse, la musica della tempesta.
La mente, o meglio ancora l’immaginazione è un complesso tessuto di echi, richiami. Assonanze che vengono dal passato. E che avevi, nella vita cosciente, completamente dimenticato. Preso da altro. Da una quotidianità grigia. Che tutto rende banale. Tutto appiattisce.
Però basta un nulla…. Un rombo di tuono…. La frase buttata lì, con occhi sgranati e assonnati, da mio figlio. E, improvvisamente, l’arazzo si srotola innanzi a te. I fili si riannodano e intrecciano. I colori divengono vividi e brillanti.
Un suono. Come di uno strumento. Strumento, però, inusuale. Antico e arcano. Un…corno. Un corno che chiama alla Caccia…
Ecco… Assomigliava a questo. A un richiamo. Come se qualcuno soffiasse con forza in un corno. E adunasse cacciatori e mastini…
La Caccia Selvaggia. Una leggenda che si perde tra le brume del Nord. Di un nord antico. Antichissimo. Se ne tramandano innumerevoli versioni. Dalla Scandinavia alla Spagna. Dalla Germania alle isole britanniche. Ed anche in Italia, lungo tutto l’arco Alpino, sino alla Lunigiana. A guidarla è Odino, o Wotan. Per le genti celtiche, il dio Nuada. Oppure il re Herla, dal cui nome, in Francia, sarebbe derivato, poi, quello medioevale di Hallequin. Il nostro Arlecchino, ben altro che una maschera della Commedia dell’arte…
E poi si fa il nome di Artù. Che, nella tempesta, torna con la sua schiera dall’isola di Avallon. Dal regno dei morti.
Perché una cosa è certa. Chiunque sia alla sua testa, aduna una variopinta, e tremenda, congrega di animali meravigliosi, cani rabbiosi, cavalli possenti, spesso con ben più di quattro zampe. E di anime inquiete. Per lo più guerrieri caduti in battaglia, e che attendono, impazienti, di tornare a lottare. Anche se il Cristianesimo, poi, li ha voluti trasformare in anime di penitenti provenienti dal Limbo. O in anime dannate. Come ancora ne troviamo eco in Dante nel XII dell’Inferno, i dissipatori delle sostanze familiari. E ancora nel Nastagio degli Onesti di Boccaccio, e in Passavanti e…
Ciò che conta è, però, che la figura alla guida sia legata, in qualche modo, agli Inferi. Abbia una funzione psicopompa. Di guida delle anime dei morti. E talvolta può essere una figura femminile. Come Epona, signora dei cavalli, presso i Galli. Identificata, poi, con il volto oscuro della Diana latina.
La Cavalcata si ambienta, in genere, nelle dodici notti magiche che vanno dal nostro Natale all’Epifania. E in Spagna, ove forte è ancora il retaggio celtico e quello dei Visigoti germanici, il 6 Gennaio si usa, per le vie delle Città, la Cavalcata dei Re Magi…
Dodici Notti del Solstizio, comunque. Quando la luce lotta con le tenebre. Per permettere al Sole di Rinascere. E il suono del corno chiama all’adunanza figure leggendarie di Dei ed Eroi.
La Cavalcata è sempre annunciata da folate di vento gelido… e dal rimbombo del tuono in lontananza. Poi, man mano che l’inverno si sostituisce all’autunno, vengono la neve e il ghiaccio. E, al mattino, sulle piante spoglie, riluce la galaverna…
Ascolto il tuono lontano. Dicembre è iniziato. E sembra proprio il richiamo di un, possente, corno da caccia…
Meglio andare a dormire, ora…