L’eroico intervento del ministro Tajani contro l’assassinio di un giovane iraniano da parte delle forze dell’ordine di Teheran non resterà certo isolato. Sicuramente il coraggioso ministro parteciperà il 7 gennaio al ricordo non solo dei giovanissimi ragazzi di destra Ciavatta e Bigonzetti uccisi dai terroristi rossi ad Acca Larenzia, ma anche del diciannovenne Stefano Recchioni assassinato la stessa sera negli scontri con i carabinieri. E poi del diciassettenne Alberto Giacquinto, ucciso a sangue freddo dalle forze dell’ordine italiane.
Magari anche della diciottenne Giorgiana Masi, di Giancarlo Esposti. E visto che è pur sempre il ministro degli esteri, Tajani convocherà certo l’ambasciatore israeliano ogni volta che viene ucciso un ragazzino palestinese. E protesterà quando la polizia statunitense spara “per errore” contro ragazzini disarmati.
Perché uccidere ragazzi disarmati che protestano contro i rispettivi governi non può essere inaccettabile a Teheran ed accettabilissimo quando a sparare sono i servitori dei regimi occidentali. Ed insabbiare le indagini od inventare false realtà non migliora la situazione.
Dunque, in nome della tanto sbandierata trasparenza o dei millantati diritti, è giusto aspettarsi un intervento di Tajani. Troppo facile protestare contro i Paesi “nemici” e poi far finta di niente quando le vittime muoiono sotto i colpi dei “buoni”. E di morti per mano dei “buoni” è pieno l’Occidente ed è piena l’Italia. Eppure non risulta che, dopo l’omicidio di Alberto Giacquinto o dopo la morte in carcere di De Angelis, l’ambasciatore italiano di allora sia stato convocato dal ministro iraniano, da quello egiziano, da quello sovietico.