Tav Valley: il brutto nome scelto da Mino Giachino per un’idea brillante. Creare una macroregione dell’intelligenza coinvolgendo Piemonte, Lombardia, Liguria e Rhône Alpes. Per mettere insieme università, centri di ricerca pubblici e privati, poli di innovazione, realtà culturali d’avanguardia. Come non essere d’accordo? Il problema, però, non è la validità del sogno bensì il dato di realtà. Perché la ricerca privata e pubblica in Piemonte è piuttosto indietro rispetto a ciò che avviene nelle regioni limitrofe. E sarebbe un errore, un grave errore, insistere su settori decotti, caratterizzati dall’inadeguatezza dei protagonisti.
Però, anche a Torino, ci sono realtà di grande eccellenza. A partire da Agrinnova che, in questi giorni, ha festeggiato al teatro Carignano i primi 20 anni di attività e di successi continui. Grazie ad una accoppiata vincente Garibaldi/Gullino, vertici di una squadra che ha funzionato benissimo, che ha vinto innumerevoli bandi, che ha guidato iniziative d’avanguardia in ogni parte del mondo.
Un modello che dovrebbe diventare un esempio da seguire per tutti coloro che, nella futura Tav Valley, vorranno mettersi in rete per creare questa comunità dell’intelligenza lungo la linea ferroviaria Torino-Lione, con i collegamenti da Torino in direzione di Milano e Genova. Non le solite aziende ed i soliti centri di ricerca impegnati a recuperare soldi pubblici per mantenere se stessi, senza creare nulla per il territorio. Agrinnova, al contrario, ha condotto ricerche utilizzate nella realtà quotidiana, ha formato legioni di giovani laureati, di ricercatori. Ha trasformato i sogni in fatti concreti.
Ed ha pure trovato il modo di coinvolgere la città in iniziative di ampio respiro, organizzando convegni, presentazioni, spettacoli. Mentre a Torino si tende sempre a rinchiudersi in conventicole con i soliti noti. L’apertura alla città è vista come un pericolo. Per di più un pericolo costoso. Dunque si evita di restituire alla società anche una minima parte dei soldi pubblici ricevuti.
Ed allora Giachino può ripartire da Agrinnova, invece di insistere con imprenditori dal braccino corto, interessati alla Tav esclusivamente perché possono ottenere altre commesse pubbliche visto che sul mercato privato non riescono a sopravvivere per mancanza di capacità.