Un Pil da 800 miliardi di euro, la terza macroarea europea, la più grande area logistica del Sud Europa. Comprendente Piemonte, Liguria, Lombardia e Rhône-Alpes. Con la possibilità di coinvolgere anche Veneto, Emilia-Romagna e Provence-Alpes-Côte d’Azur (e Valle d’Aosta) per altri 500 miliardi di Pil. Mino Giachino spiega con questi dati il progetto Tav Valley, e lo fa citando e ricitando Cavour che mai avrebbe utilizzato l’inglese per definire un’area con al centro Torino. Ma al di là del fastidioso uso della lingua dei colonizzatori, il progetto è indubbiamente interessante. Legato non solo all’alta velocità ferroviaria tra Torino e Lione, ma anche alla linea Genova-Rotterdam, anch’essa già prevista da Cavour che aveva puntato su una serie di collegamenti tra il Regno di Sardegna e l’Europa del Nord.
Giachino, anche per i suoi trascorsi lavorativi e da sottosegretario, punta molto sulla logistica che – assicura – dà lavoro a 3 milioni di persone in Germania e rappresenta un terzo del Pil olandese. Un settore che potrebbe rianimare una Torino distrutta negli ultimi decenni da un Sistema di potere di infimo livello. Non solo a livello politico, come erroneamente sostiene Giachino, ma anche e soprattutto a livello di una classe imprenditoriale imbarazzante.
Il risultato è che Torino ha perso competitività nei confronti di Milano e persino in rapporto alla media nazionale. Precipitando al 41* posto su 44 aree metropolitane europee.
Dunque va benissimo la tav, vanno benissimo le infrastrutture, ma questa Tav Valley dovrebbe venire riempita di contenuti. Non basta elencare università e centri di ricerca quando la prima università italiana, e non è torinese, si trova al 150* posto a livello mondiale. E non basta fingere orgasmi intellettuali per i laureati al Politecnico quando buona parte degli ingegneri emigra in Germania, in Francia, in Inghilterra o proprio nella Silicon Valley. Merito della taccagneria degli imprenditori subalpini che vorrebbero far parte di una macroarea europea ma pagando salari da quarto mondo.
Emblematico anche il piano tariffario dei tunnel stradali italiani sulle Alpi. L’Unione europea ha invitato tutti i Paesi a far pagare, per il pedaggio dei Tir, anche i costi sociali: inquinamento, rischio di incidenti, traffico e code, eventuali danni. E parte dei soldi incassati sono destinati ai piccoli paesi attraversati dai Tir. L’Italia non fa pagare questi costi, a differenza degli Stati a nord delle Alpi. Eppure le tariffe italiane sono più alte ed alle popolazioni locali non arriva nulla.
Per una partecipazione ad un progetto europeo serve un approccio molto diverso. Serve una cultura che, da questo versante delle Alpi, è un oggetto non identificato.
1 commento
Caro Direttore, ma nella TAV VALLEE’ non posso mettere il MIT di Boston. sono convinto che nelle 4 Citta’ vi siano eccelenze a partire dall’IIT di Genova che insieme ad altri potranno fare uno scatto a tutto il sistema universitario nostro. inotre Le faccio notare che la TAV VALLEE’ vale 5 volte il progetto delLIMONTE portato avanti dalla Bresso e da Burlando. mino giachino