Sono seduto al bar. Da solo. Una tarda mattinata calda. Troppo calda. Il tempo è, come si suol dire, pesante. Che, tra l’altro è il titolo di un vecchio romanzo. Di Woodhouse. Uno dei primi che ho letto. Tantissimi anni fa. Ero in vacanza con mio padre. Al mare. A Bibione Pineda. Con la “d”. Vaga eco della parlata friulana.
Anche se ero ragazzo, il mare proprio non mi appassionava. Certo, la sera uscivo. Ma durante il giorno, in spiaggia, era una noia mortale.
Troppo grande per castelli di sabbia e biglie. Troppo giovane ancora per…altri svaghi.
Così, leggevo. In modo caotico, disordinato. Un po’ tutto quello che mi capitava fra le mani.
E capitava un po’ di tutto. Perché a Pineda non vi erano librerie. Solo una specie di bazar vicino alla pensione dove alloggiavamo. Che vendeva formine per la sabbia, profum, secchielli, bocce, materassini, olio solare, creme, giornali… e anche libri. Più che altro riserve di magazzino. Qualche giallo… I Segretissimo con la copertina nera, qualche romanzo rosa. Qualche libro, insolito, di storia (ricordo una Storia dell’impero Mogul) e una, vecchissima, collana di romanzi umoristici. Tra i quali spiccava questo Woodhouse.
Dico questo, perché sino ad allora mai l’avevo neppure sentito nominare. Ed ero, ovviamente, perplesso.
Però marciavo più o meno ad un libro al giorno (per i Mogul, ovviamente, ci misi di più). E alla fine mi adattai a prendere un suo romanzo.
Fu amore a prima lettura. Dopo appena un capitolo. Era, appunto,” Tempo pesante “. Seguito, a ruota, da” Lampi d’estate “. La saga del Castello di Blandings. Lo svagato Lord Clarence Emsworth, la sua adorata maiala da competizione, l’Imperatrice. E qui, preciso per i maliziosi, che proprio di grasso suino si trattava, non di…altro. Suo fratello Gally, vecchio viveur. Le arcigne sorelle. I nipoti scapestrati. Avventurieri e avventuriere. Una narrazione leggera, una commedia degli inganni che molto deve alle pochade di Feydau. E alle palliate latine di Plauto.
Leggera, godibile. Capace di farti dimenticare per un po’ tutti i problemi e i patemi. E di farti sentire meno pesante anche il clima afoso dell’agosto.
Mi torna in mente quella lettura estiva. Della giovinezza. In questo meriggio romano asfissiante. E non solo per umidità e temperature…
La cameriera mi porta una birra. È calda. Glielo faccio presente. Si scusa. Non funziona bene l’impianto. Pazienza. Prendo un’aranciata.
Giornata così…
Ad un tavolino, vicino al mio, arriva una coppia. Anzianotti. Ma lui porta il codino. Grigio. Come usano i bulletti di periferia.
Hanno la mascherina. E tirano fuori due grossi spruzzatori. Cominciano ad avvolgere tutto, tavolo, sedie, ed anche i vicini di una nube nauseabonda. Disinfettante.
Mi alzo. Li guardo con disgusto e me ne vado. Speriamo che arrivi presto il meteorite. Non ci meritiamo altro…anzi, i dinosauri erano migliori di noi. Sicuramente avevano un po’ più di dignità…
Mi allontano. Sono stanco. Il tempo è sempre più pesante. Speriamo che preluda a un temporale…
Il morale è sotto i tacchi. O peggio.
Poi…ripenso a quei vecchi libri. A Woodhouse. Alla capacità di prendere le cose con leggerezza. Tanto, tutto prima o poi passa.
E mi viene un accenno di sorriso.