Essere (forse) il primo partito e non sapere cosa fare. Così domani L’Arsenale delle Idee organizza un dibattito on line dal titolo “Tenere la destra” per provare ad offrire qualche analisi intelligente a chi, al contrario, è abituato solo a “Tenere la poltrona” anche a costo di rinnegare idee ed appartenenze. D’altronde le anime di quell’agglomerato confuso che è la destra italiana sono così numerose da consentire a ciascuno di oscillare tra posizioni opposte, considerandosi sempre parte di un’Area che, invece, non ha proprio più nessun elemento in comune.
Perché non ha alcun senso far convivere gli atlantisti con i sostenitori dell’Europa Nazione; i nostalgici di una rivoluzione mancata con chi si emoziona di fronte a Mattarella in quanto rappresentante delle istituzioni; i movimentisti con i tifosi dei manganelli della polizia; i sostenitori della socializzazione e del neocorporativismo con i maggiordomi di Confindustria.
Però, per fare il pieno di voti, si cerca di strizzare l’occhio a chiunque. Rinunciando ad un programma chiaro, ad una progettualità seria poiché ogni elemento di chiarezza significherebbe perdere una componente dell’ammucchiata. Così ci si limita a qualche slogan che non infastidisce nessuno, a qualche inutile raccolta di firme su temi non divisivi.
Ma forse anche questo è solo un alibi per nascondere una realtà ancora più triste: la mancanza della capacità di stilare un progetto basato su un’idea, su una visione del mondo.
Il vantaggio, per l’intera Trimurti del centrodestra e per la componente di destra in particolare, è rappresentato dalla mancanza di alternative. Le destre terminali, quelle che si autodefiniscono “destre radicali”, non hanno né prospettive né credibilità. Autoreferenziali, folkloristiche, isteriche, irrilevanti. E dunque la destra ufficiale, istituzionale, è sicura di continuare ad incassare voti pur senza far qualcosa per meritarseli. Dimenticando la scelta dell’astensione. Ed è altrettanto sicura di poter governare solo sulla base di un consenso elettorale, dimenticando che non basta essere i primi se non si raggiunge la maggioranza.
Ma dimenticando, soprattutto, che per governare bene occorrerebbe avere capacità, competenze. È vero che hanno governato anche Toninelli, De Micheli, Gelmini, Azzolina. E che governano tutt’ora Lamorgese e Di Maio. Però un cambiamento dovrebbe essere basato su altre qualità. Se la prospettiva è Lollobrigida, se è Donzelli, se è Santanchè, allora si può tranquillamente scegliere di andare al mare o in montagna il giorno delle elezioni.
Dedicando il proprio impegno a creare un’alternativa sociale, a creare una rete tra piccoli industriali, artigiani, agricoltori, professionisti, commercianti, artisti. Creando una comunità viva, da cui ripartire. Anche la comunità è politica, e non ha nulla a che fare con il poltronificio della Trimurti del centrodestra.