The Vision, sito gauchista ma intelligente (non è che a sinistra ci siano solo Fiano e Boldrini), lancia una provocazione: per riprenderci dalla pandemia serve un periodo d’oro sul modello degli Anni 80. L’autrice, Alice Oliveri, è brava nel rievocare gli aspetti esteriori che hanno caratterizzato il decennio dell’edonismo reganiano, dei paninari, della moda milanese, degli yuppies. Musica e cinema ancora copiati a distanza di 40 anni, stili di vita che ritornano. Però Oliveri, per sua fortuna, è giovane e le manca il rapporto con un’atmosfera molto ma molto diversa da quella di oggi.

Perché il riflusso nasce come reazione ai pesantissimi Anni di piombo, ma chi reagiva alla cappa di terrore lo faceva perché voleva vivere, amare, incontrare gli amici. Non stava rintanato su un balcone a far la spia, a denunciare chi si bacia per strada o va a mangiare una pizza in compagnia. La vigliaccheria non porta a nessun decennio d’oro.
Quando Dalla e De Gregori portarono in tour Banana Republic, compirono un atto di estremo coraggio. E coraggio lo ebbero le folle di ragazzi che uscirono per andare negli stadi a sentirli cantare, mettendosi alle spalle stragi di Stato, agguati, aggressioni, rapimenti. Non si limitarono a canticchiare dai poggioli, anche se Moro era stato ucciso solo un anno prima e le morti per politica continuavano.

Poi, indubbiamente, ogni epoca ha rimpianto il passato, anche mentre stava costruendo un futuro più allegro. La trasmissione che ha trasportato i ragazzi italiani dagli anni 70 agli 80 è stata Happy days che rappresentava la nostalgia per gli anni 50 in America. Però la nostalgia non tarpava le ali al nuovo, alla sperimentazione, come ricorda correttamente Oliveri. Ma si può sperimentare, si può creare, stando rintanati in preda al terrore per un virus e per la polizia? No.
Perché gli anni 80 hanno portato al rifiuto dell’impegno, al riflusso. Il privato non era più politico ma tornava ad essere privato. Ma i giovani che affollavano le discoteche, che fumavano “cannoni” prendendo il sole tra una discesa con gli sci e l’altra (sì, era permesso sciare, in quegli anni), che si ubriacavano sulle spiagge amavano la polizia esattamente come i coetanei che ancora si illudevano di poter fare la rivoluzione. Il potere è sempre nemico dei sogni, delle speranze, delle sperimentazioni.
Un clima di trasgressione che non coinvolgeva solo i ragazzi. Alcuni dei cantanti e degli attori più noti dell’epoca – compreso qualche nome che compare su The Vision – erano sempre pronti a far festa anche con ragazzini sconosciuti incontrati per strada, al bar, nei locali. Non giravano protetti da guardie del corpo. Non avevano paura del contatto con il mondo.
Il problema, dunque, non è nei sogni che son cambiati. Doverosamente cambiati. Ma è che son cambiati i sognatori. Da chi seminava terrore a chi è terrorizzato. Da chi rifiutava il terrore con forza, con coraggio, con vitalità estrema a chi rifiuta l’idea stessa di vivere perché rappresenta un pericolo e si rintana sul divano a chattare. Da chi sfidava la sorte a folle velocità – e a volte si schiantava – a chi ha paura di camminare perché potrebbe inciampare.
Non tutti così, per fortuna. Ma comunque troppi. E con una zavorra di questo tipo non si può volare.