Dalla, grande, finestra della mia stanza vedo una vigna. Una distesa di viti dove il verde delle foglie combatte con il roggio autunnale dei pampini.
È bella. Mi piace guardarla nella prima luce. Mi dona…serenità…
“È la prima cosa che ho notato, quando siamo venuti a vedere la casa” mi dice. “E ho subito pensato che qui avresti potuto essere felice, finalmente”.
Era un meriggio d’agosto. E faceva davvero caldo, anche qui. Ma la visione del vigneto donava un senso di refrigerio. D’alto canto, questa stanza volge a Nord. Ed è sempre fresca. Anzi addirittura fredda…
Ed è vero. In quel momento avvertivo una…insolita felicità.
Oltre il vigneto, le montagne. O meglio, l’altipiano. Perché quella è la strada che conduce verso il Pinetano. Che ha il suo cuore in Baselga. Coi suoi due laghi. E la frazione di Montagnaga con il prato della Comparsa. Il più importante Santuario Mariano delle Alpi Orientali. La strada che vi conduce con le cappelle. E le statue che narrano (statue e pitture sono i libri degli illetterati, scrive l’Aquinate, Tommaso) l’apparizione della Vergine a una giovane contadina.
Un tempo era meta di molti pellegrinaggi. E il borgo è infatti affollato di vecchie locande e ostelli, ora abbandonati. Resistono tre alberghi. Belli. Moderni. Per il moderno turismo. Non più per i pellegrini.
Sul lago di Baselga, il più grande dei due, la scorsa estate, un momento…magico. Può sembrare banale, ma non trovo altre parole per descrivere il concerto di musica e canzoni di Battiato. Organizzato da “Il Nodo di Gordio”, al termine del suo annuale Workshop di Studi Internazionali.
Le canzoni si susseguivano le une alle altre. Tutto intorno, sulle montagne, sulle valli più alte, nubi nere, lampi. Tuoni. Aria di tempesta. Eppure lì, sul Lago, non pioveva. Una sorta di oasi serena.
“È magia…” mi disse.
Sì, è magia ho risposto. E mi ha sorriso.
Sulla sinistra, dalla finestra, due grandi edifici. Quello grigio del Teatro. Irregolare. Ne ricordo i cunicoli interni. I sotterranei. I ballatoi sospesi sul vuoto. Lo spazio scenico dilatato per l’adattamento de “Il Maestro e Margherita”. Ricordo recente.
Aveva paura del vuoto. Lo sentivo. Mentre Voland declamava il suo monologo. Lassù in alto. E sembrava che il palco, di sotto, si trasformasse in abisso. Stai tranquilla, le dissi. E sorrise incerta…
A lato del Teatro, la nuova Biblioteca. Vista da qui sembra un grande Cubo di Rubik, parzialmente scomposto. Tutto giocato sui toni dal blu intenso all’azzurro che sfuma nel grigio. Un’architettura futurista. E, in fondo, questa è la terra di Depero.
Dentro è un gioco di scale, ballatoi, corridoi, piani…. ricorda le geometrie di Escher. Ed anche la Biblioteca de “Il nome della Rosa” di Eco.
Torna sempre il labirinto, nelle sue, innumerevoli se non infinite, declinazioni. Metafora della vita. E dei destini.
“A me fa pensare anche al primo film di Harry Potter…. Ricordi? Le scale del Castello di Hogarth in continuo movimento…”
Questa volta sono stato io a sorriderle…
Vado in cucina. Per farmi il primo caffè della giornata. E vado a berlo sulla terrazza grande. Dall’altro lato della casa. L’aria è fredda. Anche se, poi, la giornata diverrà mite. Forse addirittura insolitamente calda. Si comprende dalla luminosità, tersa del cielo.
Da qui vedo il Castello. Si erge a controllare tutta la valle. E, quindi, gli accessi a Trento, e di lì al Tirolo. Ha una grande corte, dietro le mura merlate. Vi organizzammo un pomeriggio dantesco. Moltissimi anni fa. Era piena estate. Sul grande prato, il Vertex Teatro alternava letture di Dante e Pound. Io commentavo, per quel poco che era necessario a chiarire le idee al pubblico, seduto, per lo più, sull’erba. E Gregorio Bardini faceva da contrappunto al tutto. Suonando strumenti medioevali. Dei quali è uno dei massimi esperti italiani.
Un pomeriggio…rarefatto. Sospeso nel tempo. Mi sembrava di stare su una sorta di altalena. E ora ero nel cuore del ‘900, con le sue avanguardie e le loro furie iconoclaste. Ora nel primo’ 300, nella Civiltà Cortese. La Donne, i trovatori, le Corti d’Amore…
Il Castello diveniva una sorta di portale temporale. Tra due epoche. Epoche che amo, entrambe. E che solo in apparenza sono tanto distanti fra loro…
“Mi sarebbe piaciuto essere lì, quel giorno… Devi essere stato davvero…bellissimo” e, con la mano, sposta una ciocca di capelli che le ricadono sugli occhi.
Sì. Era davvero bellissimo…ti ci saresti trovata davvero bene..
Ma si può sapere il senso di questo pezzo? – mi sembra già di sentirlo il Direttore – Che ti prende? Una crisi di senilità dirompente? O sei totalmente a corto di idee oggi?
Forse… però, vedete, sono convinto che i luoghi, tutti i luoghi che amiamo o che abbiamo amato, non siano solo memorie. Più o meno fredde. Siano…sentimenti. E sentimenti vivi. Che si ridestano. Che diventano presenti.
Insomma, penso che dentro ciascuno di noi – o per lo meno di coloro ancora non totalmente sterilizzati emotivamente – esista una sorta di topografia sentimentale. Un…viaggio interiore che ci può rivelare molte cose. Non serve andare a Bali o alle Cayman… Basta muoversi intorno alla propria camera. Come Xavier De Maistre. Che a questi funambolici viaggi sentimentali ha dedicato due straordinari romanzetti. Peccato, solo, che, da buon piemontese del ‘700, scrivesse in francese. E non in italiano….