“Ho un suogno” direbbe Crozza imitando il piemontese sciancà di Flavio Briatore. Ecco, quello che manca a Torino è proprio la capacità di sognare. Di sognare in grande. Ci si limita ad immaginare tombini che facciano defluire l’acqua di un temporale, strade con un numero ridotto di buche, tram che passino con una frequenza almeno decente. Chi proprio ha una natura sensibile riesce persino a sperare in un assessore che sappia disegnare una pista ciclabile utile, non pericolosa, e che non crei code assurde creando restringimenti sui grandi corsi di ingresso e di uscita dalla città.
Per sognare occorre una predisposizione dell’anima. E magari anche un briciolo di intelligenza. Con un pizzico di coraggio. Un cocktail per pochi. Certo non per chi, di fronte al disastro delle imprese torinesi, dà la colpa al Covid per evitare di tirare in ballo la pessima gestione dell’emergenza da parte di un governo degli Incapaci ai vari livelli. Ma il servilismo nei confronti dei potenti, ancorché Incapaci, non aiuta a crescere. E tantomeno a sognare.
Ciò non significa rinunciare a opere strategiche, ad infrastrutture come la seconda linea del metrò, a rilanciare ciò che resta della manifattura. Ma non basta la routine, l’ordinaria amministrazione. E non serve a nulla rimpiangere il passato, con il solito piagnisteo su moda, dolciario, cinema e tv. Bisogna guardare avanti. Come ha fatto Torino quando ha perso la capitale e, con essa, decine di migliaia di posti di lavoro e di abitanti.

Si è reinventata, ha sognato l’industria, ha ospitato l’Expo. Imprenditori e pirati (spesso hanno vinto questi ultimi), una classe operaia di altissimo livello professionale, culture che si scontravano e si incontravano. Ed un nuovo simbolo per la città, la Mole Antonelliana. Certo, se qualcuno punta come nuovi simboli ai banalissimi grattacieli realizzati a Torino, allora le speranze sono pari a zero. In quella che è stata la capitale italiana della ginnastica non si è neppure capaci di valorizzare adeguatamente la posizione tra i fiumi.

Serve un’immagine forte, in grado di far identificare Torino in qualsiasi parte del mondo. Come La Tour Eiffel, il Colosseo, piazza San Marco. Simboli di nuove ere: la potenza dell’impero romano, la forza internazionale della Serenissima, il mondo nuovo tra Belle Époque ed elettricità.
La Roma attuale è quella sporca della Raggi, Venezia è diventata un museo di se stessa, Parigi non riesce a ritrovare la grandeur. Occorrono idee nuove per Torino, politicamente scorrette perché con la correttezza si marcia tranquilli verso la morte della città, nemiche del pensiero unico obbligatorio. È questa la sfida per il nuovo sindaco.