Torino e la politica: due binari destinati a non incontrarsi mai. Ed uno dei motivi del declino della capitale subalpina è proprio questa lontananza della politica – che è tutt’altra cosa dai giochetti sterili dei partiti – da tutte le leve di potere. Affidate, passivamente, ad un sottosistema composto da tecnocrati di seconda fila, da burocrati che nulla hanno a che fare con il mito del grand commis de l’état. Ed a mezze figurine espressioni di partiti senza idee.
Ed allora, con il sostegno di giornali sull’orlo del baratro, si pensa di risolvere i problemi della città con una marcia a favore del mondo lgtbq+. Si pensa di affrontare la povertà crescente con qualche iniziativa benefica di madamine con la puzza sotto il naso. Si pensa di rilanciare l’occupazione con i cantieri per la Tav dove lavoreranno immigrati europei od extracomunitari. E, soprattutto, si pensa di risolvere tutto fingendo di non vedere la fuga dei cervelli non solo verso l’estero ma anche, banalmente, verso Milano. Con un pendolarismo che trasforma Torino in una città dormitorio per una classe dirigente che lavora oltre Ticino ma torna la sera a casa per risparmiare.
In realtà esistono anche gruppi consapevoli di questa realtà per nulla entusiasmante. E riescono persino a dialogare tra loro senza litigare troppo. Poi, però, quando decidono di fare sul serio, di presentarsi sulla scena politica, tutto si dissolve davanti ad una pizza ed alla domanda di rito: chi mette i soldi?
Perché far politica costa. E costa sempre di più proprio per tutelare i partiti che odiano la concorrenza. Se non hai un Berlusconi che investe somme consistenti, resti a mangiare la pizza ed a borbottare contro il sottosistema Torino. Inoltre, tra un sorso di birra ed un morso alla Margherita, nasce il problema delle candidature. Perché occorre arrivare alla terza sambuca Molinari per convincersi che un movimento nato dal nulla, senza denari e senza accordi, sarà in grado di conquistare il 5/10% dei consensi.
Prima, quando si è ancora sobri, abbastanza sobri, si discute sulla possibilità di eleggere un proprio rappresentante. Uno solo. E tutti vogliono essere quell’uno. Senza sganciare un euro, ma contando su un folto gruppo di parenti e amici. Poi, per fortuna, arriva il conto della pizzeria e tutti tornano a casa lamentandosi che, a Torino, non cambia mai nulla. Ma loro, sì che potrebbero migliorare la città.. Se solo non avessero speso l’intero budget a disposizione per pagare la pizza, la birra e la sambuca..