Arrivano le elezioni a Torino ed anche i ricercatori vicini alla gauche caviar subalpina scoprono che qualcosa non ha funzionato in città. Si accorgono che i giovani non vengono attratti dal nulla offerto in ambito culturale, economico, turistico. Se ne accorgono adesso, a pochi mesi dal voto. E, inevitabilmente, le colpe paiono ricadere sul sindaco Appendino e sulla sua squadra di non eccelso livello. O forse infimo, in alcuni casi.
In realtà non è così. E il rapporto Rota riconosce che il disastro – definirlo declino è un po’ poco – è iniziato ben prima dell’arrivo dei cinque stelle. Però la narrazione di comodo tende a spostare tutte le responsabilità sugli ultimi arrivati.
D’altronde la gauche caviar ha sempre approfittato di questa disinformazione di servizio, di queste descrizioni false di una Torino che esisteva solo sulle pagine di giornali scorretti, disonesti.
Ora si scopre che, nonostante i Murazzi (quando c’erano le attività politicamente corrette anche nel divertimento), Torino non attirava i giovani. Non bastava lo spaccio di droga libero perché nessuno interveniva, non bastava la possibilità di urlare sino al mattino sotto casa di chi avrebbe voluto riposare perché il mattino doveva lavorare. Macché. I giovani italiani si sentivano più attratti da Bologna, da Milano, da quasi tutte le città del centronord.
Così come non bastava l’accoglienza degli stranieri per far arrivare i migliori. Tutt’altro. I migliori sceglievano altre mete. Strano, perché l’offerta culturale era predisposta proprio per loro, cancellando ogni radice locale. Non è servito.
Si sono spalancate le porte del Politecnico a chi arrivava da fuori. Nella convinzione che i neolaureati si sarebbero fermati a Torino apportando idee nuove. Sbagliato. Il Poli ha sfornato troppi ingegneri che sono fuggiti altrove perché la città non offriva sbocchi lavorativi. Sono scappati gli stranieri, gli italiani e pure i torinesi. In compenso si sono laureati pochi medici e pochi umanisti. Programmazione fallita.
E il turismo? Il grande bluff. La gastronomia? Sopravvalutata in città, ignorata fuori.
Non è una città per giovani. E non è capace di raccontare la verità perché preferisce affidare la propria narrazione ai soliti disinformatori. Quelli che erano riusciti a scrivere, sul quotidiano locale, che Torino batteva Venezia nel turismo. Ma è lo stesso quotidiano che esalta Littizzetto come se fosse un’attrice, una conduttrice, una qualsiasi cosa in grado di rappresentare il simbolo di Torino. Forse han ragione: il simbolo del nulla.
1 commento
Penso che Giachino rappresenti il candidato ideale per Torino. A parte le sue indiscutibili competenze maturate sia nella precedente esperienza nel governo Berlusconi che nella sua attività lavorativa attuale, ama talmente Torino e il Piemonte che è disposto a mettere sul piatto tutte le sue energie per il bene comune.