Il caffè, un rito quotidiano e praticamente irrinunciabile per la maggior parte degli italiani. Ma anche un legame con la cultura e con la storia. Basti pensare alla Venezia del Seicento, a Goldoni, alla Milano dei fratelli Verri, alla Torino del caffè Florio in epoca sabauda.
E proprio Torino vuol tornare protagonista con la prima edizione del Turin Coffee, il salone internazionale del caffè che si svolgerà dal 9 all’11 giugno.
La capitale piemontese non può competere sul piano culturale visto che si ostina a promuovere personaggi di scarsa qualità, ma almeno può offrire un panorama di aziende di alto livello nel settore della torrefazione, da Lavazza a Vergnano e a Costadoro.
Intorno ai tre marchi più noti, però, il Turin Coffee presenterà i prodotti di numerose altre torrefazioni di qualità. Da Malabar a Boutic, da Mokadoro al Caffè Giuliano, solo per citarne alcune.
Nei tre giorni di questo festival del caffè sarà possibile degustare gratuitamente la bevanda (ma con l’invito a versare un contributo volontario ad un paio di onlus), si potranno assaggiare piatti a base di caffè, sarà possibile visitare il Museo Lavazza o ammirare la mostra fotografica che racconta la storia del prodotto, dal chicco sino alla tazzina.
E poi incontri, dibattiti, confronti. Tutto da sperimentare perché l’edizione di quest’anno vuol essere una sorta di numero zero, per verificare impatto ed eventuali errori da correggere in vista delle prossime edizioni poiché il Salone vuol diventare un appuntamento fisso nel non eccelso panorama espositivo subalpino.
D’altronde si deve forzatamente puntare sul cibo in mancanza di progetti culturali che siano in grado di superare la cinta daziaria come capacità di coinvolgimento del pubblico. Così nascerà una sorta di Food commission per ricalcare il modello della Film commission alle prese con crescenti difficoltà.
Sperando che l’effetto traino di un anno dedicato al cibo non svanisca troppo velocemente e che la ristorazione cittadina si decida ad un salto di qualità ormai indispensabile.