Protagonista dell’attuale mostra alla Fondazione Accorsi Ometto è Venezia nel Settecento. Una città cosmopolita e il suo mito, apertasi lo scorso 20 aprile e visitabile fino al 3 settembre prossimo.
A quasi un secolo di distanza dalla prima esposizione sul Settecento veneziano, intitolata “Il Settecento italiano”, allestita a Venezia nel 1929 e alla quale Pietro Accorsi diede un importante contributo, la Fondazione Accorsi Ometto rende omaggio al mito della Serenissima con una mostra curata da Luca Mana, Massimiliano Ferrario e Laura Facchin, che vuole ripercorrere le vicende della città lagunare nell’ultimo periodo della sua storia, delineandone la società e gli aspetti più affascinanti.
Sono diverse le aree tematiche, che si sviluppano negli spazi espositivi e lungo le sale del Museo, capaci di restituire un’immagine di Venezia attraverso molteplici rappresentazioni , tra le quali spiccano le vedute realizzate dai grandi nomi della tradizione veneziana, quali Luca Carlevarijs, Canaletto e Michele Marieschi.
Luca Carlevarijs è stato un pittore della Repubblica di Venezia, influenzato da Gaspar van Wittel, e considerato il precursore del Canaletto e degli altri vedutisti italiani. Particolarmente significative sono le sue acqueforti, dalle linee nervose e fluide. È unanimamente considerato il padre del verismo veneziano. Anche se nato a Udine, giunse a Venezia giovanissimo trovando la protezione dei nobili Zenobio, per i quali dipinse le sue prime opere e le grandi vedute, tuttora conservate nella loro dimora veneziana.
Michele Marieschi è stato un pittore, incisore e scenografo italiano che ha dipinto principalmente vedute di Venezia. Il Canaletto, pseudonimo di Giovanni Antonio Canal, è stato un artista e incisore veneziano e uno dei più celebri pittori di vedute della sua epoca.
L’esposizione si articola in nove aree tematiche che illustrano il ruolo degli artisti e dei viaggiatori a Venezia, le feste e le ricorrenze, la musica e il teatro, la produzione artigianale e industriale, la società e la moda, la nostalgia e la decadenza della Serenissima, il simbolismo del leone di San Marco.
Tele a soggetto mitologico e sacro sono quelle realizzate dai “maestri itineranti” quali Sebastiano Ricci e Giambattista Tiepolo, cui si affiancano i delicati ritratti di Rosalba Carriera, le celebrazioni del Carnevale e della festa della Sensa, dell’Ascensione. Sebastiano Ricci, anch’egli veneziano, è considerato una delle figure principali della rinascita della pittura veneta del Settecento; apprese i rudimenti dell’arte pittorica studiando i lavori di Paolo Veronese e di altri pittori italiani del Cinquecento, che furono i suoi maestri. Anch’egli cittadino della Repubblica di Venezia, il Tiepolo può essere considerato il maggior pittore del Settecento veneziano, il più grande artista rococò dell’Italia del Settecento, ultimo grande protagonista della decorazione monumentale in Europa.
La produzione di arredi e suppellettili veneziani è rappresentata dalle vedute di interni, che trasmettono un certo intimismo, e dai mobili laccati del Museo Accorsi Ometto, argenti preziosi e sculture raffinate di Giovanni Bonazza e Antonio Gai.
È anche sottolineata l’importanza di una delle più antiche manifatture veneziane, fondata nel 1765, e qui presente in una tavola imbandita con le porcellane Cozzi. Non manca neanche un riferimento a Antonio Vivaldi, figura simbolo di quello che per Venezia è stato il secolo d’oro della musica.
Sono presenti in mostra anche le tele di Giandomenico Tiepolo e dello zio Francesco Guardi, dalle quali traspare un senso di lenta, ma inarrestabile decadenza, come evidenziato dagli avvenimenti storici che portarono, nel 1797, al termine della storia della Serenissima Repubblica di San Marco.
La mostra si conclude con un vero e proprio coup de théâtre, la ripresa del mito della Serenissima da parte di Giorgio De Chirico, che partecipò per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 1924, e che rende omaggio alla città lagunare con il suo ben noto stile metafisico.