Credo di averlo già scritto… ma repetita juvant, da vecchio prof.
E poi c’hai l’Alzheimer dirà il direttore. Che per altro mica sta tanto bene neppure lui…
Comunque, potendo scegliere, io sarei per la Monarchia. Insomma, per il Re. E così la faremmo finita, una buona volta, con questa farsaccia che si ripete, con insopportabile retorica, ogni sette anni. E che, salvo rare eccezioni (vedi Cossiga), porta al Colle figure più sbiadite del fantasma del padre di Amleto. Mediocri, nel senso non offensivo, ma etimologico del termine. Che hanno un’unica grande virtù. Non danno veramente fastidio a nessuno. Almeno in apparenza. Almeno all’inizio. E poi mediocre vuol anche dire uno che sta in mezzo. Che si barcamena… Certo, Orazio parla di aurea mediocritas. Ma non mi pare proprio questo il caso.
Comunque, al Quirinale non è quasi mai stata eletta una figura politica di primo piano. Tranne, come dicevo, Cossiga. De Nicola troppo lontano. Ed Einaudi discutibile, come presidente. E poi era una situazione molto diversa. Segni poteva essere qualcosa di più. Ma era minato nella salute. E i suoi gli hanno dato ii colpo di grazia. Saragat un gentiluomo colto, e simpatico. Memorabili i suoi discorsi di Capodanno.
Napolitano un politico abile, molto Quirinalizio. Molto sabaudo. Pertini una montatura mediatica. Leggete il giudizio su di lui nei Diari di Pietro Nenni. Che era un leader autentico. E appunto non fu mai Presidente. Sorvoliamo su Ciampi, tutto retorica patriottica e interessi bancari. Leone? Folcloristico. Scalfaro? Basta il nome. E taccio su Mattarella. Per qualche ora potrebbe essere ancora reato di vilipendio.
Invece non ci sono mai arrivati Fanfani, Andreotti, La Malfa…sempre silurati. Dicono che ci sarebbe riuscito, forse, Moro. Ma li ci hanno pensato le BR. E forse non fu mera coincidenza.
Beh, mi si dirà, non è che i Re siano stati poi tanto meglio…
Forse è vero. Però, senza alcuna simpatia particolare per Casa Savoia, Vittorio Emanuele aveva caricato alla sciabola a Solferino. E gli zuavi francesi lo avevano acclamato. E Umberto, suo figlio, aveva retto l’impeto nemico a Villafranca , chiuso a quadrato coi suoi uomini. Guardatevi il dipinto del Fattori. Che cosa potrebbe rappresentare, oggi, il maestro toscano ? Un fantasma con la mascherina?
In ogni caso non parlavo dei Savoia. E neppure di altre dinastie. Anche se vi è molto di buono nei Borboni di Napoli. E negli Asburgo Lorena di Toscana. Ad essere sincero, potessi scegliere, sarei più per l’impero, purché l’imperatore si chiamasse Federico II di Svevia. Che poi era marchigiano di nascita. E siciliano di adozione.
In subordine sarei per la Repubblica. Ma quella Serenissima. Che però è storia di Venezia, non dell’Italia tutta…
E quindi…
E quindi, amici miei, Viva il Re! Come scrive Giovanni Artieri – una delle nostre grandi penne del novecento – la Monarchia dava un qualche senso di unità ad un paese frammentato in mille tesssere di mosaico. E non era bastata l’impresa dei Mille – per concedermi un facile gioco di parole – per fare di quel mosaico un disegno unico. Lo aveva capito Crispi. Per altro uno dei tre o quattro statisti autentici che abbiamo avuto. Con Cavour, Uno che non si può nominare, e infine Craxi. Il quarto potrebbe essere Giolitti. Ma non capiva una mazza di politica estera. E poi…mi sta cordialmente antipatico.
Comunque Crispi, vecchio complice di Orsini, l’uomo che aveva fatto insorgere la Sicilia e convinto un Garibaldi impigrito a darsi una mossa, lo ha detto chiaro.
“La monarchia ci unisce, la repubblica ci dividerebbe”.
Fece infuriare il suo vecchio amico, Mazzini. Ma aveva ragione da vendere.
Artieri lo spiega bene. Con lucida acutezza, non disgiunta da amarezza. Perché lui era un vecchio monarchico. Convinto.
L’ambizione del Colle è una delle malattie croniche di questa parodia di repubblica. Scatena lotte, faide, vendette. E, soprattutto, accende le ambizioni dei mediocri. Quelli che mai e poi mai potrebbero essere a capo di un governo in qualsiasi altro paese del mondo. Ma che, proprio per questo, sentono, ogni sette anni, che è venuta la loro grande occasione. E se la giocano. Uno di loro, dopo tutto, ce la farà, alla fine.
Vedremo. Dicono che al peggio non c’è mai fine. Anche se mi viene difficile immaginare cosa possa riservarci il futuro di peggio di questi ultimi sette anni.
Intanto, tanto per essere chiari
Torni il Re!
Non serve a nulla. Ma almeno mi sono tolto la soddisfazione di dirlo ad alta voce.