La valle sottostante è avvolta dalle nuvole. Sembra nebbia, ma non lo è. Sono nubi, basse, che coprono come una coltre grigia e scura l’alta Valsugana.
“Ieri c’era il sole e il cielo limpido. Era bellissimo. Un vero peccato che siate venuti proprio oggi….” mi dice l”Alberto, il proprietario del Belvedere, di Montagnaga, nell’altipiano dì Piné.
Non ti preoccupare, gli rispondo. Così è ancora più bello…
Siamo tra le nuvole, infatti. E il mondo sembra… lontanissimo. I problemi, le ansie, la fretta… tutto appare come un ricordo remoto. Anzi, come un incubo che va svanendo nel primo risveglio. Perdendo, rapidamente, i suoi contorni .
L’altipiano mi è caro da molto tempo. Quando vivevo a Roma, era qui che sognavo di venire a vivere. In questa solitudine silenziosa. Dove, però, è possibile respirare. Con i polmoni. E con l’anima.

Una solitudine e un silenzio in cui, però, mai mi sono sentito solo. Un luogo ove mi sono sentito felice. Soprattutto quando…beh, lasciamo perdere. Ricordi troppo freschi ancora. Per essere davvero ricordi soltanto. E non speranze…o illusioni…
Comunque, ora sono più vicino. Certo, non potevo pretendere di portare mio figlio quassù. In questo, bellissimo, eremo. È un ragazzo, e i ragazzi hanno bisogno di tante cose. Proprio le cose che io, al contrario, vorrei allontanare. Abbandonare.
Però, da quando mi sono trasferito a Pergine, è la prima volta che torno nel Pinetano. La prima occasione.
Oddio, in effetti non saprei dire che occasione sia questa. Perché mi trovo qui proprio oggi. Con chiazze di neve che hanno maculato di fresco i campi. E già gravano rami di abeti e larici lungo i declivi dei monti.
D. mi ha detto che dobbiamo fare una riunione. Che dobbiamo parlare del prossimo Workshop de “Il Nodo di Gordio”. In effetti è qui che lo organizziamo da moltissimi anni. Ed è sempre stato un momento felice, anche negli anni più bui. Quest’anno ancora più felice, oserei dire.
Ma dobbiamo guardare avanti. Siamo appena alle soglie dell’inverno, ma, mi dice D., Luglio si avvicina. Dobbiamo cominciare a lavorarci.
Bene. Però non mi è chiaro perché oggi. E con chi dobbiamo parlare. E poi per il Belvedere sarebbe giorno di chiusura. Ma l’Alberto ha aperto il ristorante appositamente per noi. Già…ma noi chi? Mi chiedo. Siamo venuti su in tre da Pergine.
Guardo il cielo grigio. E le nubi sotto di noi. Strano… sento un qualche struggimento, una forma di… malinconia. Eppure è dolce. Mi rivedo, per un attimo, sulla terrazza. In una sera della scorsa estate. Un momento di allegria. In compagnia. Ero… bèh, sarà banale, ma ero davvero felice. Capita. Di rado, purtroppo. Ma capita. E, in fondo, penso che basterebbe davvero poco per esserlo sempre. O quasi. Cogliere l’attimo. Lasciarsi dietro le spalle tutte le preoccupazioni . Non farsi prendere dalla paura dei futuro. Scuoto la testa. E mi accendo una sigaretta.
D. mi chiama. È ora. Entriamo nella grande sala da pranzo. E…
Sono tutti lì. I miei vecchi amici. Forse non tutti, qualcuno non è potuto venire . Ma sono lì in tanti, comunque. Gli amici di una vita. Molti dei quali non rivedevo da anni. Addirittura un decennio e più. Da quando mi ero trasferito a Roma.
Ma ora sono qui. Che ridono per la mia espressione stupefatta.
Lì guardo uno a uno. Sono la mia vita. La mia storia. Le amicizie sempre. Quelle che il tempo e la distanza non hanno potuto erodere.
Quelle che mai ti fanno sentire solo. Grazie, (vecchi) ragazzi. Grazie.